Israele, ricostruiremo la sinistra. Non si cancella una storia per una poltrona di governo
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Israele, ricostruiremo la sinistra. Non si cancella una storia per una poltrona di governo

Parla Nitzan Horowitz, 55 anni, presidente di Meretz, la sinistra pacifista israeliana, che nelle elezioni del marzo scorso si era presentato in una lista unitaria con il Labour

Nitzan Horowitz presidente di Meretz, la sinistra pacifista israeliana
Nitzan Horowitz presidente di Meretz, la sinistra pacifista israeliana
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

9 Aprile 2020 - 16.10


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“La sinistra non muore per mano di chi ha calpestato una storia, abusato della fiducia di centinaia di migliaia di elettori, e tutto questo per elemosinare un posto in un governo di destra. Le nostre idee, le nostre ragioni, sono troppo importanti per venire cancellate dalle ambizioni personali di un Amir Peretz”.
Ad affermarlo, in questa intervista esclusiva concessa a Globalist è Nitzan Horowitz, 55 anni, presidente di Meretz, la sinistra pacifista israeliana, che nelle elezioni del marzo scorso si era presentato in una lista unitaria con il Labour. Una scelta che Horowitz , eletto alla Knesset, non rinnega, nonostante il “tradimento” del segretario del (fu) Labour: “Allora – dice – avevamo privilegiato le ragioni dell’unità mettendo da parte le differenze, che pure esistevano, tra i partiti della lista comune. A quel programma, a quella visione, noi siamo rimasti fedeli. Sono altri ad aver ingannato gli elettori”.

Il segretario generale del Partito laburista israeliano, Amir Peretz, ha avviato lo scioglimento del Labour per confluire nel partito del primo ministro incaricato, Benny Gantz. Da ormai ex alleato come giudica questa scelta?

“Il mio giudizio è quello che in questi giorni è stato espresso, sui social, nelle riunioni, da centinaia di attivisti e di elettori di sinistra: quello commesso da Amir Peretz è il tradimento di una storia gloriosa, che lui ha messo in vendita per fini di potere personale. Ed è vergognoso che per giustificare questa svendita, Peretz abbia utilizzato l’emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus che Israele, come ogni Paese al mondo, sta affrontando. La verità è che Peretz ha ingannato centinaia di migliaia di elettori che hanno votato la lista unitaria perché quel voto serviva per sconfiggere le destre, per porre fine all’era Netanyahu. Questo è l’impegno solenne che tutti noi ci eravamo assunti. Ed ora, ecco Peretz pronto a far parte di un governo del quale non solo Netanyahu farebbe parte ma, per almeno 1 anno e mezzo, ne sarebbe a capo! Di questo governo Netanyahu-Gantz, con Peretz come ruota di scorta, noi saremo all’opposizione. E con noi lo saranno tanti dirigenti e militanti laburisti che si sono opposti a questa operazione politica contro natura”.

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Qual è il suo obiettivo prioritario?

Quello di unire le forze per dar vita ad una opposizione netta, in Parlamento e nel Paese, a un governo di desta che tale resta anche se imbarcherà Peretz”.

Un governo di cui farà parte Benny Gantz, colui che anche voi del Meretz avevate indicato come premier. Siamo alla saga del tradimento?

“Lasciamo ad altri l’uso di questa parola, della quale la destra ha abusato lanciando campagne infamanti che hanno alimentato l’odio e provocato tragedie come l’assassinio di Yitzhak Rabin. Nella mia visione della politica, esistono avversari e non nemici da additare come una minaccia mortale per Israele. Quanto a Gantz, alla fine si è arreso senza combattere. Aveva detto in tutte le tre campagne elettorali dell’ultimo anno che mai avrebbe fatto parte di un governo con un politico, Netanyahu, incriminato per gravi reati di corruzione, arrivando a sostenere pubblicamente, che accusando il Procuratore generale d’Israele di essere parte di un ‘golpe’ legale, Netanyahu era diventato un pericolo per la democrazia e lo Stato di diritto. Ora ci ha ripensato e non basta invocare l’emergenza sanitaria per giustificarlo. Tant’è che la scelta di Gantz ha spaccato anche Blu e Bianco, come dimostrano le dure prese di posizione di due figure di primissimo piano di quella coalizione centrista: Yair Lapid e Moshe Ya’alon. Quello che sta nascendo è un governo di destra, non solo perché ne faranno parte Netanyahu e altri falchi a lui fedeli, ma perché esso nasce nel segno delle scelte peggiori che i passati governi di destra hanno portato avanti”.

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Ad esempio?

“La colonizzazione dei Territori palestinesi che avrà addirittura una sua ‘istituzionalizzazione’ visto che tra i punti del nuovo esecutivo c’è l’annessione della Valle del Giordano e di una parte significativa della West Bank. Altro che un governo del cambiamento, come aveva promesso in campagna elettorale Gantz. Quello che si sta varando è il governo dell’annessione, che darà il colpo mortale ad un accordo di pace fondato sulla soluzione a due Stati”.

Ma la crisi della sinistra, almeno nelle sue forme partitiche, non è una invenzione di Amir Peretz. I miseri risultati elettorali ne sono una lampante conferma.

“Chi lo nega vive fuori dal mondo e si rifiuta di fare i conti con la realtà. Questa crisi esiste, e non nasce certo nell’ultimo anno. E’ una crisi di radicamento, di leadership, di capacità di mobilitazione. Ma questo non giustifica il suicidio politico. La sinistra perde quando è insegue la destra sul suo terreno, quando ne diventa una fotocopia venuta male. La sinistra perde quando rinuncia a battersi, ad andare controcorrente. Ma non siamo all’anno zero. Quando si ha il coraggio di prendere posizioni nette su temi cruciali quale quello dell’inclusione sociale, della difesa dei diritti delle minoranze, quando si ha la determinazione nel difendere spazi di libertà e di convivenza tra diversi, allora la sinistra aggrega, crea passione, e vince, come è successo nelle recenti amministrative a Tel Aviv, Haifa e in altri importanti centri d’Israele. Certo, è necessario, vitale, il rinnovamento, ma questo non significa smarrire o rinnegare la memoria di ciò che si è stati. Perché senza memoria non c’è futuro”.

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Dal futuro al presente. Nonostante i messaggi distensivi, le trattative tra Netanyahu e Gantz non hanno ancora partorito il nuovo esecutivo. E a Tel Aviv diversi analisti ritengono che il vero obiettivo di Netanyahu è andare a nuove elezioni, le quarte anticipate.

“Da Netanyahu c’è da aspettarsi di tutto. Di certo non gli mancano cinismo e capacità di manovra. Ma la sua vera forza sta nella debolezza dei suoi avversari, che finiscono per essere logorati da trattative infinite, e ora da un malcelato senso di responsabilità nazionale per il quale non si può lasciare Israele senza governo di fronte all’epidemia virale. Di fronte ad una minaccia che ci riguarda tutti, non ci può essere distinzione politica, destra-sinistra, maggioranza- opposizione che tenga. Ma in prospettiva Israele ha bisogno di un governo che affronti i devastanti effetti che questa epidemia avrà sul piano economica, su quello sociale, sulla vita di milioni di persone. Occorrerà decidere se investire nella salute o nelle colonie, definire priorità di bilancio che destinino risorse alla ricerca e non al finanziamento del sistema assistenzialistico degli ultraortodossi. Un governo che non annetta territori occupati ma rilanci un serio negoziato di pace con i palestinesi.  La sinistra ha senso se lavora per il cambiamento. Altrimenti, non esiste. Con o senza Amir Peretz”.

Quella che lei indica è una lunga traversata del deserto…

“Forse è così, ma meglio una traversata con una meta precisa, che scorciatoie governiste che finiscono in un burrone”.

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