Viktor Orbán con con ogni probabilità si sta divertendo un mondo a prendere in giro l’Europa. E lo dimostra il documento che il suo governo ha chiesto di poter firmare, ossia una dichiarazione congiunta di tredici ministri degli Esteri di altrettanti Paesi dell’Unione (Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svezia) sulle preoccupazioni per i rischi che corre la democrazia davanti alle misure di emergenza adottate per il Coronavirus, applicate senza controllo e senza una data di scadenza prestabilita. Praticamente, la descrizione dell’Ungheria di Orban.
E proprio per dimostrare che l’Ue è impotente, Orban vuole firmare il documento, ennesimo schiaffo in faccia all’Unione. Siccome il documento non fa alcun riferimento esplicito all’Ungheria, il governo di Budapest, firmandolo, certifica di non sentirsi preso di mira dall’avvertimento, e di considerare dunque che lo stato di emergenza decretato il 30 marzo non è diverso da quello attivato in molti altri paesi dell’Ue.
Il documento
“In questa situazione senza precedenti, è legittimo che gli Stati membri adottino misure straordinarie per proteggere i loro cittadini e superare la crisi. Siamo ad ogni modo profondamente preoccupati riguardo ai rischi di violazione dei principi dello stato di diritto, della democrazia e dei diritti fondamentali, che potrebbe verificarsi con l’adozione di alcune particolari misure di emergenza”, scrivono nella loro dichiarazione i 13 Stati membri, a cui da stamattina si sono aggiunti anche i tre paesi baltici.
“Le misure di emergenza – sottolineano – devono essere limitate a ciò che è strettamente necessario, devono essere proporzionate all’emergenza e temporanee per natura, oltre che sottoposte a regolare scrutinio (ovvero a controllo parlamentare, ndr); inoltre devono rispettare i principi summenzionati e gli obblighi derivanti dal diritto internazionale”, e “non devono restringere la libertà di espressione, né la libertà di stampa”.
“Dobbiamo superare insieme questa crisi, e insieme dobbiamo tener vivi i principi e i valori europei in questo percorso. Perciò sosteniamo un’iniziativa della Commissione europea volta a monitorare i provvedimenti di emergenza e la loro applicazione, per assicurare il rispetto dei valori fondamentali dell’Unione, e invitiamo a il Consiglio Affari generali dell’Ue a interessarsi alla questione quando sarà opportuno”, concludono i 13 Paesi.
L’espulsione di Fidesz dal Ppe
Sempre ieri, tredici leader politici di partiti di centrodestra membri del Partito popolare europeo hanno firmato una lettera in cui si chiede espellere Fidesz, il partito di Orbán, dal Ppe. Finora Orbán e il Fidesz sono stati solo sospesi, fin dall’anno scorso.
La lettera, inviata al presidente del Ppe Donald Tusk, è firmata da leader dei partiti affiliati in Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Grecia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Slovacchia e Svezia. Mancano invece la firma dei partiti affiliati al Ppe italiani, di quello francese e dei due tedeschi Cdu e Csu (bavaresi).
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