“L’accordo del secolo sembra scritto in modo tale che i palestinesi non potessero fare altro che rifiutarlo. E forse questo era il piano”. A scriverlo su Haaretz è uno dei più autorevoli giornalisti israeliani, Noa Landau. Ed è la sintesi più efficace di quello che è stato “spacciato” come il “Piano del secolo”. Un Piano che sta ricevendo un “no” globale
I Paesi arabi si ricompattano
Libano, Iraq, Giordania e Lega Araba bocciano il Piano Usa. Un Piano che, in sostanza, piace soltanto a Stati Uniti e Israele. E un altro no deciso, di peso, arriva dalla Turchia: per il presidente Recep Tayyip Erdogan, che ha definito il suo “un Paese centrale in Medio Oriente”, “è inaccettabile”, perché “ignora i diritti dei palestinesi e mira a legittimare l’occupazione israeliana. Non servirà né alla pace né alla ricerca di una soluzione”. E soprattutto Gerusalemme non può cadere sotto la giurisdizione di Israele perché “è sacra per i musulmani. In una nota diffusa dal suo ufficio, la massima autorità religiosa sciita dell’Iraq, il Grande Ayatollah Ali al-Sistani, ha parlato di piano “destinato al fallimento” e il primo ministro libanese Hassan Diab , sulla stessa linea, ha espresso la sua solidarietà alla ”causa palestinese”. Su Twitter, Diab ha scritto che “Gerusalemme resterà la bussola e la Palestina rimarrà la causa” mentre la Lega Araba ha denunciato che il piano implica “un gran numero di violazioni dei diritti dei palestinesi” e che “molte delle idee di compromesso” proposte dalla road map messa a punto dagli Usa sono “inaccettabili”. L’Arabia Saudita, pur esprimendo “apprezzamento” per gli sforzi di Trump e incoraggiando “l’avvio di negoziati di pace diretti tra israeliani e palestinesi”, ha sottolineato che si adopererà per salvaguardare i diritti del popolo palestinese. “La vostra causa è la nostra causa e la causa del popolo arabo e musulmano. Noi siamo con voi”, ha detto re Salman al presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, che ha ringraziato il re saudita per la sua posizione a favore di uno Stato palestinese indipendente all’interno dei confini del 1967 con Gerusalemme est come capitale. La Lega araba terrà una riunione d’emergenza sabato, alla quale prenderà parte anche il presidente palestinese.
Contro il piano interviene direttamente anche la Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei: “La diabolica e viziosa politica americana sulla Palestina ha battezzato “piano del secolo” un piano che non si materializzerà mai, anche perché tutte le nazioni musulmane lo contrasteranno e faranno sì che non si realizzi”. Anche un consigliere del presidente Hassan Rouhani, Hesamodin Ashena, ha scritto su Twitter che “ci aspettiamo una nuova Intifada in Palestina, il piano di Trump è fatto di sanzioni e imposizioni, gli Usa stanno violando le risoluzioni Onu”.
La freddezza europea
Sono più cauti i governi europei. A parte la Gran Bretagna, con dichiarazioni di sostegno del governo di Boris Johnson a Trump, tutti i governi europei rimangono fedeli alla linea “due popoli, due Stati”, che in qualche modo viene tradita dal piano Trump. Johnson sostiene che “nessun piano per il Medio Oriente è perfetto, ma questo se non altro prova a risolvere le questioni aperte, è un piano che prevede la creazione di 2 Stati e definisce Gerusalemme come capitale di Israele e dei palestinesi”. La Ue, ricorda l’Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, continua a impegnarsi in modo “deciso e unito per la soluzione dei due Stati, una soluzione negoziata e praticabile capace di tenere conto le legittime aspirazioni di entrambe le parti: i palestinesi e gli israeliani. Anche quella europea, di fatto, è quindi una bocciatura del Piano.
La destra israeliana ringrazia
La proposta di Trump sposa le richieste fondamentali che la destra israeliana aveva avanzato da tempo. Nel modello immaginato dall’amministrazione statunitense, infatti, Israele annetterebbe al proprio territorio tutte le colonie esistenti e buona parte della cosiddetta Area C, cioè le zone della Cisgiordania che gli accordi di pace siglati nel 1993 assegnavano a un futuro Stato palestinese, ma la cui gestione civile e militare è rimasta nelle mani di Israele. Le colonie non sono distribuite in maniera omogenea lungo il confine fra Israele e la Cisgiordania: un eventuale Stato palestinese, perciò, sarebbe sostanzialmente punteggiato da territori a sovranità israeliana.
La parte ovest di Gerusalemme e soprattutto la Città Vecchia, cioè il quartiere dove si trovano importanti luoghi di culto sia per i musulmani sia per gli ebrei, sarebbero assegnati a Israele. Tra le zone dell’Area C che verrebbero annesse a Israele c’è anche la Valle del Giordano, un vasto territorio che già attualmente è abitato in larga parte da coloni israeliani ed è sotto il controllo di Israele, ma che formalmente appartiene per lo più all’Anp, e che Netanyahu di voler annettere, se rieletto. Infine, la creazione del futuro Stato palestinese sarà subordinata a forti limitazioni alle sue capacità difensive, e all’impegno di tutte le fazioni militari palestinesi ad abbandonare la lotta armata. Le uniche concessioni che Israele dovrebbe fare ai palestinesi, secondo il piano, sono la costruzione di un tunnel che colleghi la Striscia di Gaza con la Cisgiordania – oggi è praticamente impossibile spostarsi fra i due territori – e il ritiro dei propri civili e militari da Gerusalemme est (una zona che comunque la comunità internazionale ha assegnato al popolo palestinese e che invece Israele occupa dal 1967). Inoltre ai palestinesi verrebbe garantito un territorio al confine con l’Egitto come compensazione per le concessioni fatte a Israele. Ma nella destra israeliana c’è chi non si “accontenta”. Strano ma vero. Il leader dei coloni israeliani si è schierato contro, sostenendo che la creazione di uno Stato palestinese è una minaccia per l’esistenza di Israele. “Non possiamo acconsentire a un piano che includa la formazione di uno Stato palestinese che costituirà una minaccia per lo Stato d’Israele e una minaccia più grande nel futuro”, ha affermato David Alhayani, leader dello Yesha Council, esortando, invano, Netanyahu a respingere il piano. “Sono pronto a rinunciare alla sovranità sulla Valle del Giordano in cambio della promessa di non ci sarà uno Stato palestinese. Dobbiamo fermare questo adesso”, ha aggiunto.
Territori in rivolta
Gaza è paralizzata oggi da uno sciopero generale delle attività commerciali in un primo atto di protesta contro il Piano Trump. Fonti locali riferiscono che le saracinesche dei negozi sono abbassate e che su molti edifici sventolano bandiere nere. In alcuni rioni si sono avute anche manifestazioni spontanee di protesta da parte di giovani che hanno dato fuoco a pneumatici. Secondo fonti israeliane, anche oggi da Gaza sono stati lanciati verso Israele alcuni grappoli di palloni a cui erano legati ordigni esplosivi.
Ieri il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen ha avuto con il capo dell’ufficio politico di Hamas Ismail Haniyeh un colloquio in cui entrambi hanno nettamente respinto i piani elaborati dagli Stati Uniti. Intanto Hamas, dopo una breve sospensione, torna ad organizzare da organizzare per questo venerdì una manifestazione di massa al confine fra la Striscia di Gaza ed Israele. “Nessun israeliano e nessun palestinese sarà espulso dalla sua casa”, ha promesso The Donald presentando il suo Piano. Promessa smentita in tempo reale. Appena ieri l’ennesima famiglia palestinese è stata cacciata dalla propria casa in uno dei quartieri orientali di Gerusalemme, mentre le colonie continuano a crescere e a proliferare.
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