Trump passa all'insulto, definisce 'collusa' la squadra del procuratore Mueller
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Trump passa all'insulto, definisce 'collusa' la squadra del procuratore Mueller

Vittima della sindrome dell'assedio, il presidente ora accusa di disonestà chi indaga su di lui. Suona imbarazzato il silenzio dei repubblicani di Camera e Senato davanti alle esternazioni di 'the Donald'

Robert Mueller
Robert Mueller
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19 Marzo 2018 - 10.10


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In qualsiasi altro Paese del mondo (anche quelli in cui la democrazia è solo una vuota definizione) comportamenti come quelli tenuti da Donald Trump non sarebbero tollerati perché mettono in crisi uno dei principi dell’equilibrio tra le istituzioni, il rispetto per il ruolo di ciascuno. Ma questo per il presidenre americano non esiste e lui continua ad insultare chi non la pensa come lui e, peggio, chi osa dre che la sua presidenza non è quel modello di cristallina purezza che lui sostiene.
L’ultimo arttacco è portato al cuore del magistratura, perché attaccando il team di inquirenti guidato da Robert Mueller ed accusandolo di collusione con i democratici, Trmp mina alle basi la stessa costruzione dello Stato, dove un potere è riconosciuto tale solo se rispetta le competenze e le specificità degli altri. Non per Trump che, piuttosto che contestare le accuse che continuano a fioccare su di lui e sulla variopinta compagnia di cui ha deciso di circondarsi, attacca chi su di essa svolge indagini legittime, sino a prova del contrario.

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Usando la clava di Twitter, Trump se l’è presa con Mueller e la sua squadra dicendo che di essa fanno parte solo democratici” duri’ e ”zero repubblicani”, in questo modo asserendo che dietro le mosse del procuratore speciale ci sia solo una motivazione politica e non invece la ricerca della verità. Accuse gravissime, che sono tali soprattutto perché sono formulate senza che nessuno in seno alla famiglia repubblicana abbia i coraggo di fermare l’uomo, prima che il presidente. E se non bastasse accusa gli investigatori di essere sostenitori di Hillary Clinton, bollata come ”farabutta”.
Quando, come ha fatto Trump, si sostiene che c’è collusione, si va ben oltre il diritto di critica e le prerogative del ruolo, perché si mette in dubbio l’onestà delle persone.
Se i repubblicani, visibilmente in imbarazzo di fronte all’incontinenza accusatoria di Trump, preferiscono il silenzio, non altrettanto fanno i democratici che stanno facendo quadrato intorno a Mueller ed alla sua indagine. Si dirà che altrimenti noin potrebbe essere, ma nel clima che Trump ha creato, anche solo a difendere qualcuno si rischia.
Lindsey Graham, senatore della Carolina del Sud, difende Mueller: “Va avanti con le prove che accumula e penso che sia molto importante lasciare che faccia il suo lavoro, senza interferenze. Molti repubblicani condividono il mio punto di vista”. E davanti alla domanda sull’ipotesi di lincenziamento di Mueller Graham dice a chiare lettere: “Se tentasse (Trump, ndr) di farlo, sarebbe l’inizio della fine della sua presidenza perché siamo uno stato di diritto”, ha risposto.
Chris Christie, ex governatore del New Jersey che era molto vicino a Trump durante la campagna, ha elogiato un’indagine condotta “con grande integrità”. “Non sarebbe appropriato per lui farlo – ha aggiunto – e non penso che lo farà”, ha aggiunto in merito all’ipotesi del licenziamento di Mueller da parte del presidente.
Uno scenario davati al quale i leader repubblicani della Camera dei rappresentanti e del Senato sono rimasti in silenzio.
Alla fine di gennaio, Trump si era dichiarato pronto a testimoniare sotto giuramento davanti al procuratore speciale, ma i suoi avvocati lo avevano fermato.
Per David Axelrod, ex consigliere di Barack Obama, questi attacchi contro la squadra del procuratore speciale incaricato di far luce sull’interferenza russa nella campagna presidenziale dimostrano una cosa: “Mueller si sta avvicinando e il presidente è sempre più in fibrillazione

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