Xi Jinping come Mao, più di Mao: adesso può governare a vita
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Xi Jinping come Mao, più di Mao: adesso può governare a vita

Il parlamento ha approvato la modifica della Costituzione che cancella il limite del mandato presidenziale, voluto da Deng Xiaoping proprio per evitare una nuova dittatura

Xi Jingping vota
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11 Marzo 2018 - 09.09


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Il parlamento cinese ha approvato, oggi, l’abolizione del mandato presidenziale, offrendo l’opportunità a Xi Jinping, 64 anni, di mantenere la carica di capo dello Stato anche dopo la fine dell’attuale mandato, nel 2023.
Con 2.958 voti favorevoli, due contrari e tre astenuti, i deputati hanno quindi dato parere favorevole alla modifica della Costituzione, che limitava a due il numero di mandati quinquennali.  
Il limite di due mandati era stato imposto nella Costituzione, nel 1982, dall’uomo forte del tempo, Deng Xiaoping, per evitare un ritorno alla dittatura dell’era di Mao (che governò dal 1949 al 1976).
“Quarantadue anni dopo, nell’era di Internet e della globalizzazione, un nuovo Grande Leader, un nuovo tiranno come Mao, sta risorgendo in Cina”, ha denunciato il dissidente Hu Jia, dalla cittadina del sud del Paese, dove le autorità lo hanno trasferito da Pechino in “vacanze forzate” durante la sessione plenaria annuale dell’Anp.
A conferma di quanto enorme sia ormai il potere che Xi Jinping ha nelle sue mani, l’emendamento approvato include il “Pensiero” del presidente nella Costituzione, così come “il ruolo guida” del Partito Comunista Cinese. Questa disposizione, secondo quanche analista, prelude ad un’impennata nella repressione degli oppositori del regime, che potrebbero essere accusati di violare la Costituzione semplicemente sfidando il controllo del potere del PCC.
Fin dal suo arrivo alla guida del Partito, tra la fine 2012 e l’inizio del 2013, Xi Jinping ha ulteriormente aumentato l’autorità del regime.
Araldo del “grande rinascimento della nazione cinese”, Xi cerca di incarnare la rivincita di moderna e rispettata superpotenza di fronte all’Occidente entro il 2050.
Ma Xi rimane intransigente per le libertà individuali. Una legge punisce severamente il dissenso su Internet, attivisti dei diritti umani sono stati condannati a lunghe pene detentive e l’attivista democratico Liu Xiaobo, premio Nobel per la Pace nel 2010, è morto in detenzione nonostante gli appelli alla clemenza è venuti dall’estero.

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