Battisti e un ergastolo in Italia: ma io resto in Brasile, mi proteggono

Quattro omicidi da scontare nel nostro Paese ma lui dice di "non temere l'estradizione perché protetto da un decreto di Lula". Ma intanto il giudice decide: stia in carcere

Cesare Battisti
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5 Ottobre 2017 - 17.05


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E’ come se lui non dovesse pagare mai nulla, come se la giustizia degli uomini non fosse cosa che lo riguarda, come se quattro morti ammazzati non gli pesassero sulla coscienza. Cesare Battisti ha sempre lo stesso sorriso sprezzante. Quindi oggi, dopo essere stato arrestato per aver tentato di lasciare il Brasile per rifugiarsi in Bolivia, ha gli stessi modi di sempre.  E infatti ha dichiarato alla polizia federale di “non temere di essere estradato in Italia”, perché si sente “protetto” da un decreto dell’ex presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva, che gli ha concesso un “visto permanente” nel paese sudamericano. Lo riferisce il sito del quotidiano ‘Estadao’.  Intanto Cesare Battisti rimane in carcere in Brasile. Lo ha stabilito deciso il giudice federale Odilon de Oliveira al termine dell’udienza svoltasi in videoconferenza nel commissariato di Corumbà, dove l’ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac)  è stato fermato ieri – Battisti, ex membro dei Proletari armati per il comunismo, è stato condannato in Italia all’ergastolo per quattro omicidi: sentenza emessa in contumacia e diventata definitiva nel 1993. Battisti è fuggito prima in Francia poi in Brasile dal 2004: qui fu arrestato nel 2007 e l’Italia ne chiese l’estradizione. Nel 2009 la Corte suprema brasiliana ne fece richiesta ma si trattava di una decisione non vincolante, che lasciava l’ultima parola al capo dello Stato. L’allora presidente brasiliano Luiz Iñacio Lula da Silva, nel suo ultimo giorno di mandato il 31 dicembre del 2010, negò l’estradizione concedendo a Battisti lo status di rifugiato. 

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Finora – sottolineano molti osservatori – l’attuale presidente brasiliano, Michel Temer, ha sempre evitato di affrontare direttamente l’argomento Battisti, trattato negli anni con discrezione anche in ambito diplomatico. Ma il presunto piano di fuga in Bolivia del rifugiato, oltre a riaccendere il dibattito anche in Italia, potrebbe costringere il capo di Stato a tornare sui suoi passi e ad accelerare una decisione in merito.

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