La corte suprema degli Stati Uniti ha deciso di sospendere l’efficacia dell’ordinanza di una corte d’appello (con sede a San Francisco) che avrebbe consentito l’ingresso nel Paese di quei rifugiati di religione musulmana le cui posizioni erano state già verificate dalle autorità americane, ma il cui ingresso era stato impedito dall’adozione del controverso ”muslim ban”.
La decisione del massimo organo giudiziario americano ha fatto segnare un punto a favore dell’Amministrazione Trimp, più che mai decisa a porre un freno all’arrivo di soggetti provenienti da dei Paesi musulmani considerati a rischio.
Ma, trattandosi di una sospensione, Trump può solo canticchiare vittoria, perchè ora la squadra di legali della Casa Bianca dovrà trovare argomenti convincenti a sostenere che il ”muslim ban” non offende i diritti umani, a cominciare da quelli dei rifugiati. Il cui numero massimo annuo di ammissione, se le indiscrezioni del New York Tines saranno confermate, l’Amministrazione vuole abbassare, a partire dal prossimo anno, sotto la soglia attuale dei 50 mila ingressi.
La decisione della Corte suprema ha momentaneamente privato di efficacia il pronunciamento della corte d’appello del nono circuito (San Francisco) che, ritenendo il ”muslim ban” in violazione delle leggi, avrebbe permesso a circa 24mila rifugiati, già sottoposti a controlli e che hanno ottenuto la reltiva autorizzazione, di entrare in Usa. Trattandosi di una decisione che fa giurisprudenza in tutto il Paese, in base a quanto deciso dai giudici di San Franisco, un tribunale delle Hawaii aveva infatti ritenutoche il ”travel ban” (che impedisce l’ingresso in Usa dei cittadini di sei nazioni prevalentemente musulmane: Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen) non poteva essere applicato ai rifugiati che avevano ricevuto rassicurazioni formali da parte di agenzie di ricollocamento o che erano parte del programma Usa di ammissione di rifugiati.
Il 10 ottobre prossimo la Corte Suprema sentirà le parti coinvolte nella disputa legale riguardante il travel ban, di cui valuterà la costituzionalità.
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