Non è difficile immaginare i passanti attoniti di fronte ad un mucchio di donne nude davanti il Tribunale di giustizia, davanti al Congresso e davanti alla significativa location di Plaza de Mayo. La stessa utilizzata dalle madri dei desaparecidos per mano della dittatura militare argentina. Sono sempre loro le protagoniste: le donne. Questa volta scendono in piazza per dire basta alla violenza di genere: il femminicidio è genocidio.
Accompagnata da violini, la protesta è stata organizzata dalla Fuerza Artística de Choque Comunicativo (F.A.C.C.).
Il flash mob si è concluso con la condivisione di slogan, frasi, parole contro il sessismo e
la violenza di genere. Con la voce, la vibrazione estrema del corpo, le argentine hanno urlato da un megafono tutti i modi usati per uccidere le donne: gola tagliata, abbandonata senza acqua, bruciata, congelata, insanguinata, picchiata a morte, pugnalata al cuore. E hanno indicato in quento tempo si muore.
L’oggettività medica della fine di un corpo per smuovere le coscienze. Ma non solo. Hanno parlato della giustizia, della cultura patriarcale, e della libertà di decidere del proprio corpo. Il corpo per parlare del corpo. Il corpo per difendere il corpo.
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Argomenti: femminicidio