Qualla di Anna è stata una vita spesa per la verità e la giustizia. E verità e giustizia merita. La redazione della Novaya Gazeta, il giornale di opposizione dove lavorava Anna Politkovskja, ha pubblicato un video messaggio in cui – nel giorno del 10° anniversario dell’omicidio della collega a Mosca – chiede alle autorità russe di identificare e consegnare alla giustizia il mandante dell’assassinio.
Dopo tre processi, che hanno visto la condanna di sei uomini per l’organizzazione e l’esecuzione del crimine, non è ancora stata fatta chiarezza sulla mente dell’omicidio. Ania, come la chiamavano i colleghi e gli amici, è stata uccisa il 7 ottobre 2006 sul pianerottolo di casa a Mosca con una pistola Makarov.
Nel video in bianco e nero, diffuso su internet, il figlio Ilya Politkovsky, insieme ai componenti della Novaya Gazeta, tra cui il direttore Dmitri Muratov, sfilano senza parlare; tengono in mano dei fogli su cui si ricostruisce il caso giudiziario giudiziario e viene ricordato a più riprese che “il mandante non è stato trovato”.
“Il caso è ancora aperto” cita un alto dei cartelli, che si vede nel filmato. I colleghi sostengono che il nuovo capo delle indagini “non sta facendo nulla” per completare le ricerche.
L’ormai ex portavoce del Comitato investigativo russo, Vladimir Markin, nel suo libro “I crimini piu’ noti del XXI secolo in Russia” ha scritto che l’ordine di uccidere la giornalista potrebbe essere arrivato da Londra, dall’oligarca e nemico di Putin Boris Berezovsky, riparato in Gran Bretagna e dove è stato trovato morto nel 2013 , in circostanze ancora sospette. I membri della famiglia della Politkovskya e i suoi colleghi non ritengono plausibile questa versione. Il dito rimane puntato sul leader ceceno Ramzan Kadyrov, fortemente criticato per i suoi metodi violenti e autoritari da Ania;
la reporter prima di morire stava preparando un articolo sull’uso sistematico della tortura in Cecenia.
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