Bangladesh, anche la vita per gli operatori è diventata più difficile
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Bangladesh, anche la vita per gli operatori è diventata più difficile

Pietro Mariani, responsabile dei progetti in Bangladesh per l’ong Coe: “Le cose sono cambiate dalla seconda guerra del Golfo, il fondamentalismo islamico ha cominciato a diffondersi. Ma la maggioranza della popolazione è tollerante”

Bangladesh, agenti di polizia
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4 Luglio 2016 - 17.51


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“In Bangladesh le cose sono cambiate dalla seconda guerra del Golfo, il fondamentalismo islamico ha cominciato a diffondersi in quegli anni”: Pietro Mariani nel 2003 era nel Paese asiatico e seguiva per il Centro orientamento educativo (Coe) progetti di sviluppo per i dalit, la casta più bassa ed emarginata. Ora per la stessa ong è il responsabile dei progetti in Bangladesh e ci torna periodicamente. “L’ultima volta nel marzo scorso – racconta -. E per la prima volta sia l’ambasciata italiana sia amici mi hanno vivamente sconsigliato di prendere i mezzi pubblici. Mi spostavo solo in auto, con un autista fidato”. Nonostante da sempre l’islam in Bangladesh sia tollerante e aperto al dialogo con le altre religioni, col passare degli anni la presenza degli integralisti è diventata sempre più visibile. “Sono proliferate le scuole coraniche anche nei villaggi – aggiunge -. E vedo sempre più ragazze e donne vestite con niqab (che lascia scoperti solo gli occhi, ndr)”.

 

Il Coe attualmente sostiene progetti di cooperazione nel sud ovest del Paese con una ong locale, Dalit, che appunto si occupa della popolazione più povera, emarginata perché appartenente alla casta degli intoccabili. “Anche per gli operatori occidentali delle ong la vita è diventata più difficile, soprattutto dopo l’omicidio di Cesare Tavella (cooperante italiano di una ong olandese, ucciso il 28 settembre 2015, ndr) -continua Pietro Mariani-. Il Bangladesh rimane comunque un Paese musulmano in cui la stragrande maggioranza della popolazione è tollerante e convive pacificamente con le altre religioni”. (dp)

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