Francia: a trenta giorni dalle regionali, il Partito Socialista tenta il suicidio
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Francia: a trenta giorni dalle regionali, il Partito Socialista tenta il suicidio

Mentre gli scioperi si susseguono, la popolarità di Valls è a livelli drammatici, e l’estrema destra può beneficiare dello spauracchio immigrazione.

Manuel Valls, il primo ministro francese
Manuel Valls, il primo ministro francese
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13 Novembre 2015 - 15.55


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Francesco Ditaranto,

corrispondente da Parigi

Per far digerire le larghe intese servono un’eloquenza fuori dal comune, un’emergenza e, soprattutto, tempismo. Manuel Valls, il primo ministro francese, aveva a disposizione l’emergenza (l’avanzata del Front National), un’eloquenza non trascurabile, ma gli è mancato completamente il tempismo. Non si spiegherebbe diversamente quello che appare un suicidio politico a trenta giorni esatti dal secondo turno delle regionali, vere prove generali delle presidenziali del 2017. Vista l’inarrestabile ascesa nei sondaggi di Marine Le Pen, presidente del partito d’estrema destra e candidata alla presidenza della regione Nord-Pas de Calais-Picardie, il premier ha paventato l’ipotesi di una fusione tra le liste di destra e di sinistra, per fare blocco contro il Fn.

Il sistema elettorale francese permette l’accesso al secondo turno delle elezioni a tutti i partiti che raggiungano almeno il 10% delle preferenze. In altre parole, al secondo scrutinio, è prevedibile uno scontro a tre (tra Ps, I repubblicani e Fn) in più di una regione. Nel caso di quello che si definisce un triangolare, Manuel Valls proporrebbe una fusione tra le liste dei socialisti e quelle dei repubblicani con l’obiettivo di far confluire i voti dei due partiti su un unico candidato, da scegliere secondo i risultati del primo turno. La strategia non è nuova e bisogna essere davvero a digiuno di politica per stupirsi della possibilità che questa possa essere messa in campo. Quello che però lascia interdetti è, come detto in principio, la scelta dei tempi.
Già in passato socialisti e gaullisti avevano creato il cosiddetto Fronte Repubblicano per sbarrare la strada all’estrema destra. Il precedente più noto riguarda il secondo turno delle elezioni presidenziali del 2002, quando (in questo caso la sfida è sempre a due) Jean Marie Le Pen, allora presidente del Front National, aveva superato l’ormai rimpianto candidato socialista, Lionel Jospin, andando a sfidare Jacques Chirac al ballottaggio. Superato lo choc, e grazie a una campagna elettorale imponente, gli elettori di sinistra si spostarono in massa su Chirac, che divenne presidente con un voto plebiscitario.

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Solo che le cose sono cambiate. A tredici anni di distanza da quello che molti vissero come un incubo, il Front National non fa più così paura ai francesi e il Fronte Repubblicano potrebbe non funzionare. Marine Le Pen è riuscita in un’opera di normalizzazione e dediabolizzazione del discorso dell’estrema destra, presentandosi come sola alternativa possibile a quel binomio Ps-Repubblicani (ex-Ump) che, a suo dire, ha distrutto e svenduto la Francia, ora all’Europa, ora a orde di clandestini. E i sondaggi, per il momento, le danno ragione, assegnando al Front anche la regione PACA, dove è candidata la nipote di Marine (senza troppi meriti se non il cognome), Marion Marechal Le Pen. Se il Fn guadagna consensi ponendosi in opposizione ai due partiti tradizionali, proporre un’alleanza addirittura prima del primo turno potrebbe risultare davvero un suicidio politico.

Mentre gli scioperi si susseguono, la popolarità di presidente ed esecutivo è a livelli drammatici, e l’estrema destra può beneficiare dello spauracchio immigrazione, l’uscita di Valls, che è piaciuta pochissimo ai suoi, sembra, da una parte sancire in anticipo una sconfitta prevedibile, dall’altra dare ragione a Le Pen. Il tutto mentre il giovane ministro dell’economia, Macron, difende il liberismo come un diritto umano (dimenticando tutti gli altri) e nessuno, o quasi, nel PS si preoccupa dell’emorragia di voti delle classi popolari. Quasi che fosse uno stato di fatto, Valls non cerca di riguadagnare preferenze attuando quella politica di sinistra promessa nella campagna per le presidenziali da Hollande, ma prova a mettere quei pochi voti che gli restano insieme a quelli del centrodestra. E’ come se, solo per fare un esempio più pratico, alla vigilia delle elezioni, un candidato telefonasse all’altro per riconoscere la sconfitta e fargli i suoi più sinceri auguri. Un suicidio, dunque, si diceva.

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Oppure, ma la tesi è debole, il primo ministro francese sta tentando un raffinatissimo colpo strategico, costringendo a uscire allo scoperto un centrodestra, in particolare la corrente vicina a Sarkozy, sempre più appiattito su posizioni vicine a quelle del Front National. E’ difficile, ma il beneficio del dubbio non si nega quasi a nessuno.

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