L’obiettivo è la pace, ma nessuno sembra cedere un passo. Continuano i negoziati per porre fine alle ostilità tra Ucraina e Russia. Nella conference call, avvenuta nel formato Normandia (tra Russia, Ucraina, Germania e Francia) in mattinata, “si è lavorato ancora ad un pacchetto di misure”, nell’ambito degli “sforzi” per una “regolazione del conflitto nell’est dell’Ucraina”. A riferirlo è il portavoce di Angela Merkel. Lavoro che verrà completato domani a Berlino.
Incontro. Al termine della conference call Angela Merkel, Fran‡ois Hollande, Vladimir Putin e Petro Poroshenko, hanno proposto di incontrarsi mercoledì a Minsk, capitale della Bielorussia. Lo riferiscono fonti russe.
Lavrov. “Il piano, discusso a Washington, di fornire armi a Kiev potrebbe avere conseguenze imprevedibili e minare gli sforzi per una soluzione politica alla crisi ucraina”, ha detto il capo della diplomazia russa, Serghiei Lavrov, incontrando ieri a Monaco il segretario di stato Usa John Kerry, si legge sul Facebook del ministero degli esteri russo.
Kerry. Ma il segretario di Stato Usa John Kerry, a Monaco, rassicura: “Non ci sono divisioni, noi siamo uniti, siamo uniti nella diplomazia e lavoriamo insieme, tutti d’accordo sul fatto che non possa esserci una soluzione militare”.
Le armi. Fornire armi all’Ucraina, da parte dell’Occidente, sarebbe come dichiarare guerra alla Russia: un vicino troppo grande per l’Europa, per potersi permettere una mossa simile, dopo il Muro di Berlino. Partendo da questa impostazione, Angela Merkel si è mostrata ancora una volta fermissima, oggi a Monaco, nel ribadire che di armi in Ucraina ce ne sono «troppe», e che non può esser questa la soluzione del conflitto. L’Occidente deve essere paziente, sfruttare la sua forza economica, avere fede nelle sue convinzioni e reggere le provocazioni di Vladimir Putin, puntando sulle sanzioni. Attesa lunedì da Barack Obama, la cancelliera ha però avuto anche un segnale, neanche troppo sibillino, dal vicepresidente Usa Joe Biden: il tema, per gli americani, non è affatto accantonato. Anzi. Il che crea attrito fra gli alleati della Nato. Putin, ha ammonito Biden, non può fare quello che sta facendo. E anche se gli Usa non vogliono una soluzione militare, «continueranno» a fornire «assistenza sulla sicurezza» a Kiev. Parole che un analista tedesco ha detto di leggere come una dichiarazione quasi ufficiale dell’intenzione di Washington di consegnare armi agli ucraini. Cosa che peraltro, ha aggiunto, «molto verosimilmente già fa». Nel senato statunitense, del resto, scrivono media tedeschi commentando la seconda giornata dei lavori di Monaco, l’ipotesi di rifornire Kiev, vede crescere progressivamente il consenso. Lo ritengono quasi un «dovere morale». E anche dalla Nato si è registrata oggi una netta presa di posizione: il comandante Philip Breedlove, a margine del forum, pur escludendo truppe di terra, ha affermato «che non si dovrebbe escludere l’uso di mezzi militari». La posizione di Petro Poroshenko a riguardo è nota, e l’ha ribadita anche oggi prendendo la parola a Monaco. Come argomento ha puntato il dito contro Putin, denunciando i rifornimenti russi ai separatisti: «I russi consegnano armi e carri armati, che prove deve avere ancora il mondo?».
Il piano sull’Ucraina. Le diplomazie di Russia, Francia e Germania sono al lavoro per trovare un accordo che faccia tacere le artiglierie nel sud-est ucraino. Il contenuto del progetto – di cui Putin, Merkel e Hollande hanno discusso ieri notte al Cremlino per più di 5 ore – non è ancora noto del tutto. Ma i media rivelano alcune indiscrezioni. A partire dal fatto che – secondo una fonte anonima citata dall’Interfax – esperti di politica estera di Parigi e Berlino si troverebbero in questo momento a Mosca per stendere il piano da presentare domani nella conference call tra i leader di Francia, Germania, Russia e Ucraina. Un colloquio che servirà a tirare le somme dei negoziati svoltisi giovedì a Kiev e ieri a Mosca. «Noi – aveva detto Angela Merkel prima di partire per il blitz diplomatico franco-tedesco – ci impegniamo a mettere fine al bagno di sangue e a far rivivere gli accordi di Minsk»: gli stessi che a inizio settembre hanno portato a un fragile cessate il fuoco troppo spesso violato e che prevedevano – tra le altre cose – anche uno status speciale per il turbolento Donbass. E proprio una tregua immediata con l’arretramento delle armi pesanti è tra i passaggi chiave del nuovo compromesso che si sta cercando di raggiungere. Mentre Hollande ha proposto esplicitamente oggi a Monaco una maggiore autonomia per il sud-est, anche se non è ancora ben chiaro di che tipo. Inoltre, fonti diplomatiche citate dal quotidiano Kommersant sostengono che sarà delineata una nuova ‘linea di contatto’ diversa da quella stabilita negli accordi di settembre, e che asseconderà di fatto le recenti conquiste dei ribelli (circa 1.000 kmq di territorio).
Il territorio. Le autorità tedesche negano però che saranno fatte concessioni territoriali ai separatisti. Anzi – per venire incontro a Kiev – sembra che sarà messo nero su bianco che «l’integrità territoriale ucraina» non può essere violata. Un altro punto cruciale è la creazione di una zona cuscinetto, che secondo Hollande sarà larga 50-70 km (mentre per gli accordi di Minsk doveva essere larga la metà, 30 km). Petro Poroshenko ha invece bocciato l’ipotesi di inviare «forze di pace» (varie fonti ventilavano un intervento dei caschi blu dell’Onu) nel sud-est perché – ha spiegato il presidente ucraino a Monaco – «serve il benestare del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite» e quindi come «minimo sei mesi», mentre basterebbe «un monitoraggio internazionale al confine» per avere «pace e stabilità nel giro di una settimana». Sarebbe proprio questo il punto più problematico, secondo Vedomosti: «il controllo efficace della frontiera russo-ucraina» per impedire a Mosca di fornire armi e uomini ai miliziani. Anche gli accordi di Minsk prevedevano il monitoraggio dei confini da parte dell’Osce, ma questo principio rimase di fatto lettera morta. Kiev – scrive gazeta.ru – potrebbe invece cancellare il blocco economico che in autunno ha decretato la chiusura di tutti i servizi pubblici e il congelamento dei conti bancari nelle zone occupate dai ribelli. Gli occhi del mondo restano puntati sull’Ucraina e – anche se la Merkel sottolinea che non è detto che i negoziati abbiano successo – fa ben sperare che questa volta si tratta al livello più alto. I 12 punti dell’accordo di Minsk furono infatti siglati dai partecipanti al Gruppo di contatto (Kiev-Mosca-Osce-separatisti), ma i rappresentanti non erano degli esponenti di primo piano: per la Russia l’ambasciatore a Kiev Mikhail Zurabov e per l’Ucraina il controverso ex presidente Leonid Kuchma. Questa volta un’eventuale intesa impegnerebbe in prima persona lo stesso Vladimir Putin, che a metà gennaio ha inviato segretamente in Europa un progetto di 9 pagine che è alla base delle contrattazioni di questi giorni. Contrattazioni che ? tra l’altro ? potrebbero dividere Europa e Stati Uniti, con gli Usa ? esclusi dai colloqui ? che minacciano di armare le truppe di Kiev.