Conclusa la prima fase, è tutto pronto per l’inizio della seconda offensiva contro lo Stato Islamico in Siria e in Iraq. Mancava soltanto l’ok del Senato statunitense ad autorizzare l’appoggio ai ribelli siriani, che prevede anche un contributo di armi e sistemi di difesa.
«Giustizia sarà fatta e l’Isis verrà distrutto», ha tuonato il presidente Barack Obama parlando di nuovo agli americani in diretta televisiva, esprimendo grande soddisfazione per il messaggio di unità mandato dal Congresso. «Quando vengono colpiti cittadini americani, quando si minacciano gli Stati Uniti questo non ci divide, ma ci unisce», ha detto il Commander in Chief, che ha salutato anche la decisione della Francia, annunciata dal premier Francois Hollande, di affiancare gli Usa nei raid aerei in Iraq. Adesso toccherà ai santuari dello stato islamico in Siria. Dopo l’ok dei vertici militari Usa al piano della Casa Bianca e del Pentagono, il via libera ai bombardamenti è atteso in qualunque momento. Bombardamenti mirati, limitati a obiettivi ben precisi, sullo stile dei raid antiterrorismo condotti in passato con caccia e droni in Yemen e Somalia. Ma per arrivare a ciò un passaggio necessario era proprio quello di approvare l’invio di armi ai gruppi filo-occidentali che in Siria stanno combattendo i jihadisti del «califfo» al Baghdadi.
«Attrezzare ed equipaggiare l’opposizione siriana è fondamentale, un elemento chiave della nostra strategia», ha spiegato Obama, ribadendo però un punto: «Le truppe Usa non saranno impegnate in missioni di combattimento». Intanto prosegue il lavoro diplomatico per rafforzare la vasta coalizione internazionale che combatterà l’Isis: «Hanno già aderito oltre 40 Paesi, anche arabi», ha ricordato il presidente americano, che la prossima settimana in occasione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York avrà la possibilità di incontrare molti leader mondiali e di continuare a tessere quella tela essenziale perchè la guerra all’Isis non sia solo dell’America.