Stavo per gustare un espresso a pochi passi dalla spiaggia quando la mia attenzione è stata richiamata da un articolo sulla prima pagina di Haaretz. Raccontava una notizia sconcertante. Non era, come l’altro giorno, la chicca che il premier Netanyahu aveva spiegato al segretario di stato americano Kerry e, sembra ai palestinesi, che per tranquillizzare la destra turbata dal previsto rilascio di alcuni prigionieri palestinesi, avrebbe annunciato migliaia di nuove costruzioni negli insediamenti. E nemmeno la dichiarazione del laico Lapid contrario alla condivisione di Gerusalemme come prezzo per un accordo di pace. L’articolo nel quale mi sono immerso riguarda un sondaggio messo a punto da un’organizzazione ebraica israeliana negli Stati Uniti e mandato avanti con il sostegno palese di almeno due ministeri israeliani.
Due gli elementi esplosivi trattati. Riguardano il rapporto tra ebrei americani e stato d’Israele. L’essenza della domanda posta a centinaia di migliaia di persone:
La questione della doppia lealtà ha provocato e provoca anche in Italia e Francia fenomeni di antisemitismo. Non è sempre facile comprendere le relazioni particolari della maggioranza degli ebrei della diaspora con lo stato nato come patria per gli ebrei. Molti ebrei americani hanno avuto difficoltà nell’accedere a posizioni di rilievo negli apparati di sicurezza Usa proprio per diffidenza. Soprattutto dopo l’arresto e la condanna di uno di loro che aveva trasferito a Israele (su mandato del Mossad) materiale top secret rubato negli archivi del Pentagono.
Essere ebreo non significa essere israeliano. Anzi, la maggioranza degli ebrei del mondo, tra cui anche decine di migliaia di sopravvissuti all’Olocausto, hanno scelto di vivere lontano dal Medio Oriente. Guardano a Israele con simpatia, qualcuno con amore, spesso con speranza. Molti considerano il paese una seconda casa, un luogo di rifugio. E’ un fatto che Netanyahu e molti altri come lui non accettano. Suoi predecessori hanno sovente lanciato parole di allarme per ciò che definivano il “crescente antisemitismo in Europa nella speranza di convincere gli ebrei di quei paesi a trasferirsi in Israele”. L’allarme, periodicamente rilanciato, fa parte di un pacchetto studiato a tavolino e promosso da Netanyahu e dai suoi. La loro parola d’ordine è chiara.
Il sondaggio in Usa è stato commissionato dal Consiglio Israeliano Americano, un gruppo privato nato nel 2007 con il sostegno economico di Haim Saban un uomo d’affari israelo-americano di Los Angeles. L’organizzazione si sta allargando grazie ai soldi di uno dei maggiori alleati di Netanyahu. Il re dei casinò, Sheldon Adelson, ha riempito i repubblicani di decine di milioni di dollari nella speranza di far cadere Barack Obama, considerato un pericolo per la politica espansionista israeliana. La settimana scorsa, secondo il quotidiano di Tel Aviv, l’ambasciata israeliana a Washington e almeno due ministeri israeliani hanno appoggiato la distribuzione del sondaggio. Pochi giorni dopo, alcuni diplomatici israeliani si sono resi conto della pericolosità delle domande.
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