Siria, al G20 Obama è isolato

Russia, Cina, Paesi emergenti contro l’intervento americano a Damasco. Il papa scrive a Putin e Ban Ki-moon esclude un’azione militare. Roma invia due navi in Libano.

Siria, al G20 Obama è isolato
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6 Settembre 2013 - 09.39


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Un G20 in cui si è parlato solo di Siria e uscito sempre più diviso. Gli Stati Uniti accusano la Russia di tenere in ostaggio il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, impendendo una risoluzione contro il regime di Damasco. Ma contro Obama si schierano in tanti: Cina, Paesi emergenti e il Vaticano. In una lettera, papa Francesco ha fatto appello affinché si eviti un conflitto in Medio Oriente e indetto per domani una giornata di digiuno contro la guerra.

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Fonti anonime parlano addirittura di una telefonata tra il pontefice e il presidente siriano Assad, notizia però smentita categoricamente dal portavoce del Vaticano, padre Lombardi. Il papa ha scritto, invece, al presidente russo Putin per esortarlo a proseguire sulla via del negoziato pacifico. Tutti temono un’escalation incontrollabile, soprattutto alla luce della mancata approvazione dell’Onu. Il segretario generale Ban Ki-moon ha escluso una soluzione militare, puntando di nuovo sulla diplomazia, mentre la cancelliera tedesca Merkel ha espresso pessimismo: “Non credo che raggiungeremo una posizione comune, non c’è accordo sulle responsabilità dell’attacco con le armi chimiche”.

Obama, al G20, ha puntato sul rispetto delle regole internazionali e la loro violazione da parte del regime di Assad e ha spiegato la differenza tra un attacco militare vero e proprio, a tempo indeterminato, e uno “limitato” come quello prospettato da Washington. Ma la nuova “coalizione di volenterosi” è sempre più isolata, a causa soprattutto della presa di posizione russa che non intende accettare alcuna soluzione al di fuori del Consiglio di Sicurezza. Simile l’accoglienza dei rappresentanti europei, Barroso e Van Rompuy, del Brasile e della Cina, sempre più vicina alle posizioni russe. Il Ministero dell’Economia di Pechino ha prospettato un duro contraccolpo economico nel caso di avvio di un conflitto in Medio Oriente, che andrebbe a colpire soprattutto il settore energetico.

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E allora il presidente americano, privo di sostegno internazionale, guarda al cortile di casa. Resterà a Washington a lavorare sulla risoluzione da presentare il 9 settembre al Congresso, dopo il via libera ottenuto ieri dalla Commissione Esteri del Senato.

Intanto, l’Italia opta per una soluzione a metà. Dopo aver affermato di non voler prendere parte ad un intervento contro la Siria senza mandato Onu (ma dicendosi vicina moralmente agli Stati Uniti), il governo di Roma ha inviato due navi militari lungo le coste libanesi, apparentemente in supporto alla missione UNIFIL nel Paese dei Cedri. Una mossa che appare però legata al possibile attacco militare contro Damasco e all’eventuale contagio del vicino Libano.

Secondo l’agenzia di Stato Interfax, il governo russo sta inviando un’altra nave nel Mar Mediterraneo: “La nave lascerà Novorossiysk, dove a bordo di un cargo speciale si dirigerà in un’area militare nel Mediterraneo orientale”, scrive l’agenzia citando una fonte anonima.

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Il Ministero della Difesa russo non ha rilasciato commenti.

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