Israele ha sbloccato le tasse palestinesi: oggi le autorità di Tel Aviv hanno deciso di scongelare il trasferimento mensile di 100 milioni di dollari di tasse palestinesi da girare all’Anp, secondo quanto stabilito dal Protocollo di Parigi del 1995.
Il trasferimento era stato bloccato a dicembre, dopo il riconoscimento della Palestina come Stato non membro delle Nazioni Unite. Una forma punitiva spesso utilizzata da Israele per fare pressioni politiche su Ramallah, una spada di Damocle pericolosa per le disastrate finanze palestinesi, incapaci dal mese di novembre di versare regolarmente i salari degli oltre 150mila dipendenti pubblici dell’Anp.
Israele ci tiene a precisare che si tratta di una decisione una tantum: ovvero, per questo mese i 100 milioni di dollari entreranno nelle casse di Ramallah, il prossimo mese si vedrà. Lo scongelamento potrebbe sorprendere, giunto a pochi giorni dalle elezioni israeliane che hanno visto il premier Netanyahu vincitore a metà. Quel che è certo è che Israele non può permettersi il crollo dell’Autorità Palestinese, considerata unico partner credibile dalla comunità internazionale nel processo di pace.
Non solo: se l’Anp implodesse, spetterebbe ad Israele – in qualità di potere occupante – preoccuparsi di fornire ai Territori quegli scarsi servizi pubblici di cui oggi gode la popolazione palestinese e di gestirne l’amministrazione civile, come accadeva prima del 1995.
A spingere Netanyahu verso lo scongelamento è stato l’incontro con Tony Blair, inviato di pace del Quartetto per il Medio Oriente (Stati Uniti, Unione Europea, Russia e Nazioni Unite), durante il quale si è discusso dei problemi economici dell’Anp dovuti anche alla riduzione degli aiuti esteri. Nei mesi scorsi la Lega Araba aveva più volte promesso al presidente palestinese Abu Mazen la creazione di una “rete di sicurezza”, ovvero l’invio di 100 milioni di dollari al mese per coprire il gap lasciato da Israele. Ma nonostante le pressioni dell’Anp, la Lega non è mai giunta a decisioni definitive.
E se da un lato Israele tenta di mostrarsi magnanimo, dall’altra prende quando non gli spetta. Oltre al congelamento delle tasse, a dicembre era piovuta sulla testa dei Territori Occupati un’altra punizione, molto più pericolosa: l’annuncio della costruzione di 3.000 nuove unità abitative tra Gerusalemme e la Cisgiordania. Su questo Tel Aviv non intende discutere: più volte in campagna elettorale, Netanyahu ha reiterato l’intenzione di proseguire nell’espansione coloniale, in particolare nella cosiddetta area E1, corridoio che collega la Città Santa alla colonia di Ma’ale Adumim.
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