Invasione di Rom, diritti umani e Ue

L'Europa infastidita dalle false richieste di asilo, ma Serbia e Macedonia non possono bloccare albanesi e Rom alle frontiere senza violare i diritti umani.<br>

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29 Ottobre 2012 - 14.20


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“Noi prendiamo tutte le misure possibili, ma alla frontiera non possiamo certo imporre a “rom” e albanesi di scendere dai pullman”: il ministro degli Esteri di Serbia, Ivan Mrkic commenta così le nuove polemiche provocate dalle false richieste d’asilo che continuano ad ammucchiarsi negli uffici di Germania, Belgio, Francia e Svezia. “Esiste anche una Convenzione per i diritti dell’uomo che va rispettata, dunque all’Europa chiediamo di mostrare comprensione anziché fastidio”, aggiunge. Per come viene posto da qualche tempo, il problema appare davvero di soluzione impossibile.

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Dal dicembre del 2009 l’Unione europea ha abolito l’obbligo dei visti di ingresso per serbi, macedoni e montenegrini ma da allora nelle capitali europee hanno cominciato a presentarsi file di questuanti che chiedono asilo politico. Visto che Serbia, Montenegro e Macedonia saranno pure governati da democrazie imperfette ma non vivono certo sotto dittature, tutte le richieste finora sono state respinte ed i falsi richiedenti asilo rispediti a casa, ma questo ha comportato perdite di tempo e dispendio di danaro per esaminare i singoli casi.

Lo ha ripetuto venerdì il commissario agli Affari interni, Cecilia Malmstrom, al suo arrivo a Lussemburgo per il Consiglio Ue: “Oggi discuteremo del terzo rapporto della Commissione europea sulla liberalizzazione dei visti e l’obiettivo è far diminuire al più presto le domande di asilo politico provenienti dai Paesi della regione balcanica”. In Serbia il governo ha avviato da tempo una campagna di informazione che punta a far sapere a nomadi e albanesi del Sud che le richieste di asilo non hanno alcuna possibilità di essere accolte, e si è anche offerto di sostenere le spese per il rientro in patria dei respinti. Il flusso però si è ridotto solo in parte.

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Adesso ad essere investita del problema è anche la Macedonia, in continuo precario equilibrio fra una maggioranza ortodossa e una minoranza musulmana albanese che si fa sempre più aggressiva. Il ministero degli Interni e le altre istituzioni stanno compiendo tutti gli sforzi possibili per affrontare la crescente mole di richieste di asilo. Lo ha ribadito il ministro dell’Interno di Skopje Gordana Jankuloska, secondo un resoconto fornito dal quotidiano “Dnevnik”: queste attività sono effettuate in coordinamento e in contatto con i paesi maggiormente coinvolti.

“Siamo consapevoli, tuttavia, che la questione del controllo dell’aumento del numero dei richiedenti asilo, in generale, per tutti i Paesi del mondo e non solo per i Balcani occidentali, è un problema che deve essere discusso dai membri dell’Unione europea”, ha aggiunto la Jankuloska. Il ministro ha anche detto di ritenere sbagliata l’idea di bloccare i visti a Paesi che, dopo tanti anni, ne hanno ottenuta la liberalizzazione, “perché questa è il principale beneficio che i cittadini macedoni hanno ottenuto finora dal processo di integrazione europea”.

Il ministero degli Interni macedone si è già trovato di fronte a diversi casi in cui qualcuno aveva promesso che l’asilo in alcuni Paesi dell’Europa occidentale gli sarebbe stato concesso: “Queste persone saranno portate davanti alla giustizia non solo per aver infranto le leggi, ma anche per aver messo sotto minaccia il diritto alla libera circolazione di oltre due milioni di abitanti”, ha promesso il ministro. Da Bruxelles però pochi sembrano capire la situazione. Dopo l’abolizione dei visti d’ingresso nell’area Schengen, “è giunto il momento che i Paesi balcanici facciano i loro compiti”, ripete il ministro per l’Immigrazione svedese, Tobias Billstrom.

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“Dall’inizio della liberalizzazione dei visti nel 2009 abbiamo ricevuto 15mila domande d’asilo infondate”. Nel 2010 “la Serbia è stato il paese da cui provenivano più domande, più di Somalia e Afghanistan, un dato che rende l’idea della gravità della situazione”, ha aggiunto Billstrom; “Si tratta di una situazione assurda”, gli ha fatto eco il segretario di stato agli Interni tedesco, Ole Schroder. Per questo motivo, ha spiegato Billstrom, i rappresentanti dei Ventisette discuteranno oggi di una clausola di salvaguardia che permetta la sospensione dell’abolizione dei visti in casi eccezionali.

Il ministro svedese ha sottolineato come “dietro l’aumento delle domande d’asilo ci sia la questione dei diritti delle minoranze nei Paesi balcanici: dobbiamo discutere di come risolvere questi problemi, è tempo che tutti facciano i loro compiti”. Le numerose domande di protezione internazionale che arrivano dai Balcani “mettono sotto pressione il sistema svedese”, rallentando le procedure di chi meriterebbe di ottenere l’asilo, come le persone in fuga dalla Siria. Lo scontro che sembra profilarsi rischia di provocare danni di portata imprevedibile.

Negli ultimi anni in quasi tutti i Paesi del Sud Est Europa la propensione per l’Unione europea è in calo, la società civile vede in Bruxelles più una maestra sempre con dito alzato che un’opportunità di progresso. Una sospensione dei visti sarebbe vista come una punizione inflitta a popolazioni intere per le trame dei soliti gruppi ed anche il continuo oscillare dell’Unione tra il richiamo a rispettare i diritti umani ed il fastidio per l’assalto dei “rom” potrebbe assumere il sapore di un ricatto.

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