Secondo funzionari israeliani il numero dei prigionieri palestinesi in sciopero della fame, per migliorare le loro condizioni di detenzione, è salito a 1.350. Sevan Wiseman, portavoce del servizio penitenziario israeliano, ha detto alla stampa tedesca che un gruppo di 150 prigionieri si è aggiunto ai 1.200 già in sciopero dalla scorsa settimana.
Tutto questo accade in seguito all’azione di Khader Adnan, accusato di appartenere al «Jihad islamico» nella West Bank e detenuto senza convalida dell’arresto da parte di un magistrato, che scioperò 66 giorni, il più lungo sciopero del genere organizzato da un palestinese, e riuscì a costringere Israele a liberarlo tre settimane prima della fine del periodo di detenzione amministrativa.
Il tribunale militare israeliano ha respinto ieri una richiesta di scarcerazione a favore di due prigionieri, Bilal Diab, 27 anni, e Taher Hlahle (34 anni) che stanno svolgendo lo sciopero fame dalla fine di febbraio. Tutti e due apparterrebbero al movimento “Jihad Islamico” e sono entrambi in detenzione amministrativa, cioè senza convalida dell’autorità inquirente. Anat Litvin, direttrice del reparto dei prigionieri e dei detenuti dell’organizzazione «Medici per i diritti dei detenuti in Israele» ritiene che la loro condizione sanitaria si è fortemente deteriorata, nonostante la somministrazione di farmaci e comincerebbero a perdere i capelli dopo 56 giorni di sciopero