Il secolo turco e le tentazioni ottomane
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Il secolo turco e le tentazioni ottomane

"Il prossimo secolo sarà un secolo turco" affermava Turgut Ozal, presidente della Turchia nel 1992, che aveva previsto l’ascesa internazionale del Paese agli inizi del XXI secolo.

Il secolo turco e le tentazioni ottomane
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4 Gennaio 2012 - 18.12


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di Corrado la Martire

La Sublime Porta. Ahmet Davutoglu, l’attuale ministro degli Esteri turco, ha ribadito una visione simile nel 2009 a Sarajevo, quando ha affermato che “i secoli ottomani dei Balcani sono stati tempi di successo. Ora dobbiamo ripeterli”. Non a caso da quando il partito di Giustizia e Sviluppo (AKP) è salito al potere nel 2002, è iniziata la costruzione di una nuova politica estera per quasi un decennio. Questa nuova politica estera si basa su diversi elementi. C’è anche un enfasi sugli aspetti positivi del patrimonio ottomano e l’importanza geopolitica della Turchia, utilizzando il soft-power turco per stabilire la pace e la prosperità in regioni limitrofe e la creazione di situazioni vantaggiose. A parte l’impegno in organizzazioni internazionali come l’Organizzazione della Conferenza Islamica (OCI) e le Nazioni Unite (ONU), la Turchia ha anche promosso la sua “democrazia conservatrice” come un modello per trasformare le società arabe in tutto il Medio Oriente.

Neo ottomani. I critici dicono che tutti questi elementi si sommano al neo-ottomanismo, un termine controverso che sostiene che la Turchia ha ignorato i suoi valori occidentali, si sta allontanando dall’Occidente e cerchi canali alternativi di sostegno per le sue azioni politiche e diplomatiche. L’enfasi sul neo-ottomanismo in Medio Oriente e la politica islamica viene utilizzato per alimentare il dibattito sulla occidentalità della Turchia e sulla compatibilità con i valori islamici. L’attuale governo è certamente più attraente per le folle religiose, con la maggioranza dei suoi membri femminili che indossano il velo, ma questo non significa che la Turchia stia voltando le spalle all’Occidente.

L’islam virtuoso. Il partito AK ha radici profonde. Da un punto di vista ideologico, storico ed etico ha radici nel Partito del Welfare Islamista (RP), Partito della Virtù (FP) e nel Partito della Patria (ANAVATAN). Tuttavia, il partito attuale al governo si è affermato come un movimento politico riformista, che usa un linguaggio moderato e democratico e si definisce come un conservatore, piuttosto che un forza politica islamista. Il primo ministro turco, Recep Tayyip Erdogan spesso si pone dichiaratamente contro l’islamismo radicale.

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Ritorno ai Balcani. La politica estera turca verso i Balcani, nel frattempo, non si allontana dall’Europa e dall’Occidente: in parte perché lo stato ottomano era uno stato politicamente europeo, piuttosto che asiatico. Non si tratta, dunque, di una questione di scelta tra il neo-ottomanismo e l’Occidente, perché la Turchia abbracciato i valori occidentali molto tempo fa. Inoltre agli inizi del 2000 l’Europa e gli Stati Uniti hanno dimostrato una relativa indifferenza verso i Balcani e la Turchia. Tuttavia, se i tentativi turchi di promuovere la pace e la stabilità non ricevono alcun sostegno, allora gli effetti di questi approcci saranno di breve durata.

Economia da impero. Dal 2004-2005, la Turchia ha rapidamente aumentato gli investimenti nella maggior parte dei paesi balcanici, senza includere l’Islam come ponte religioso e culturale. La Turchia ha il vantaggio di avere un mercato molto aggressivo ed efficace. La Turchia inoltre ha investimenti che coprono tutti i principali settori. Ad esempio vi sono stati numerosi progetti di infrastrutture in Kosovo, Serbia, Montenegro e Albania, per centinaia di milioni di euro. La Turkish Airlines ha acquistato una quota di minoranza nella compagnia di bandiera della Bosnia-Erzegovina, B & H Airlines, ed è in trattative per prendere in consegna della Serbia la JAT Airways. Investimenti turchi includono anche:

il settore delle telecomunicazioni (Albania),

il settore bancario (Albania, Bosnia-Erzegovina, Romania, Bulgaria, Grecia),

il settore energetico (Bosnia-Erzegovina),

l’industria automobilistica (Bulgaria),

l’agricoltura (Bosnia-Erzegovina),

la sanità (Albania, Kosovo),

l’industria alimentare (Macedonia),

l’istruzione (Bosnia-Erzegovina, Albania)

Inoltre diverse imprese turche potrebbero aumentare i loro investimenti a causa della crisi in Grecia e Romania.

Energia. L’energia potrebbe facilmente rientrare in questa lista. In primo luogo, essendo i Balcani sono un corridoio energetico, il progetto del gasdotto Nabucco procede a un ritmo lento. In secondo luogo, i Balcani hanno seri problemi energetici, come la mancanza di sistemi energetici interconnessi e ci sono stati pochi progressi nel risolvere questi problemi.

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Gasdotti. Lo scorso novembre, la Turchia e la Bulgaria hanno accettato di costruire un gasdotto di interconnessione per aumentare le forniture di gas del Caspio in Bulgaria. La Bulgaria ha inoltre firmato un accordo con la Grecia per la costruzione di un oleodotto in questo ramo. Se questo progetto si realizza, il “triangolo di energia” nei Balcani orientali potrebbe contribuire in maniera massiccia sia per la regione e sia per i rifornimenti di energia dell’Europa, riducendo ulteriormente la dipendenza dalle forniture russe.

Srebrenica. I legami economici sono allo stesso tempo un elemento nelle relazioni della Turchia con gli Stati balcanici. Il sostegno politico reciproco rimane solido. Diverse sono state le decisioni politiche significative, come ad esempio la Dichiarazione di Srebrenica o l’offerta di assistenza macedone per le vittime del terremoto di Van nell’Ottobre 2011.

La Turchia fonda la sua stabilità sul concetto di soft power nella regione, che include anche alcuni curiosi elementi culturali:

soap opera turche trasmesse in tutti i Balcani;

università e scuole finanziate dalla Turchia in Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Albania;

corsi gratuiti di lingua turca in Albania;

ristrutturazione di monumenti di epoca ottomana in Serbia, Albania, Kosovo, Macedonia e Bosnia-Erzegovina;

insegnamento della storia del periodo ottomano nelle scuole in Kosovo e Albania;

centri culturali in Romania, Albania, Kosovo, Bosnia-Erzegovina;
sostegno alle minoranze turche in Bulgaria, Grecia, Kosovo, Bosnia-Erzegovina.

La Turchia ha cercato quindi di occupare il “vuoto culturale” nei Balcani. Anche se la dimensione economica delle relazioni è elogiata, va detto che la dimensione culturale attira critiche non solo da “avversari tradizionali” in Turchia , ma anche da parte del Kosovo, dell’Albania o della Macedonia. La percezione delle attività turche nei Balcani, per una parte del popolo, sembra diventare dominante e sostituisce l’influenza occidentale e dell’Unione europea.

La Turchia Nato. Tutti i paesi balcanici hanno ribadito che vedono il loro futuro in Europa e nella NATO. Le implicazioni per i Balcani successive a un eventuale ingresso della Turchia all’UE sono diverse. In primo luogo, è stato suggerito che il successo della Turchia nell’UE faciliterebbe riforme politiche ed economiche che potrebbero servire come modello per i paesi dei Balcani. La presenza fisica dell’Unione europea in Bosnia e Kosovo, tuttavia, limita il ruolo potenziale del modello turco.

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Oltre l’UE. Inoltre, la voce della Turchia nei potenziali paesi balcanici candidati all’Unione europea potrebbe costituire un vantaggio. Come un partner esperto della UE, la Turchia potrebbe, ad esempio, fornire informazioni utili per quanto riguarda i negoziati di adesione all’UE. Sembra che tuttavia il processo di adesione sia ancora lungo.

L’altra economia. L’implicazione più importante è sicuramente economica. Mentre i Balcani occidentali sono al di fuori del mercato comune dell’Unione europea, la Turchia è un importante partner commerciale. Le esportazioni turche verso la regione sono in aumento, con accordi di libero scambio sul posto tra la Turchia e i singoli paesi. La possibilità per le imprese dei Balcani di esportare in Turchia sono in aumento. Gli investimenti turchi sono in rapido aumento. L’enfasi di un passato comune, i legami culturali e il condiviso patrimonio ottomano rende più agevoli le relazioni economiche, commerciali e di investimento.

E l’Unione dorme. I negoziati prolungati per l’adesione all’UE hanno reso la Turchia un protagonista dominante nei paesi balcanici. Politici e uomini d’affari turchi sono pronti a concentrarsi sulla regione con cui godere di un enorme surplus commerciale. La maggior parte dei paesi dei Balcani sono relativamente poveri e la quantità di investimenti esteri diretti è piuttosto limitata. La Turchia, dunque, domina il commercio e gli investimenti, acquistando aziende ad un buon prezzo, nonostante la situazione politica a volte instabile. Una volta che la regione entra a far parte dell’Unione europea, tali attività saranno sempre più importanti, e procederanno anche se la Turchia non dovesse diventare un membro dell’UE.

I paesi dei Balcani sono alla ricerca di investimenti stranieri per accelerare la crescita economica, e la Turchia sembra essere un partner idoneo e adeguato per ottenere il massimo vantaggio economico, e i benefici sono reciproci.

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