Palestina: tutti sugli autobus israeliani, per la libertà
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Palestina: tutti sugli autobus israeliani, per la libertà

L’iniziativa è ispirata al movimento dei neri d’America degli anni ’60. Attivisti palestinesi salgono a bordo degli autobus pubblici usati dai coloni.

Palestina: tutti sugli autobus israeliani, per la libertà
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14 Novembre 2011 - 10.27


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di Emma Mancini

In autobus contro la segregazione e il regime di apartheid israeliano. È il “Freedom Riders”, l’iniziativa che i Comitati di Resistenza Popolare palestinesi, presenti in gran parte dei villaggi della Cisgiordania, hanno organizzato per domani. L’obiettivo è riprendersi simbolicamente le strade, le terre confiscate e Gerusalemme.Come? Salendo sugli autobus riservati a cittadini israeliani e che collegano le colonie della Cisgiordania alle città di Gerusalemme e Tel Aviv. “L’appuntamento è per domani alle 13 al Cultural Palace di Ramallah – ha spiegato uno degli organizzatori, Mazin Qumsiyeh, attivista, scrittore e professore alla Bethlehem University – Invitiamo tutti gli internazionali ad unirsi ai Comitati palestinesi. È un’azione che si ispira alla lotta contro l’apartheid negli Stati Uniti, quando negli autobus i posti di fronte erano riservati ai bianchi. Sappiamo di rischiare: per un palestinese con carta di identità della Cisgiordania, la pena prevista per ingresso illegale in Israele può arrivare a sette anni di prigione”.

L’iniziativa arriva esattamente a cinquant’anni dai movimenti per i diritti civili dei neri negli Stati Uniti d’America. Nel 1961, attivisti di colore salirono sugli autobus ed occuparono i posti riservati ai bianchi a Sud degli States, per protestare civilmente contro le leggi di segregazione razziale. Un’azione che provocò la violenta reazione del Ku Klux Clan e della polizia americana.

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“Attivisti palestinesi ridaranno vita al movimento americano dei Freedom Riders – hanno spiegato gli organizzatori dei Comitati Popolari in una dichiarazione ufficiale – salendo a bordo degli autobus pubblici israeliani che dalla Cisgiordania arrivano a Gerusalemme Est”. “Se esistono paralleli tra la Palestina occupata e la segregazione nel Sud degli Stati Uniti – hanno aggiunto gli attivisti dell’International Solidarity Movement – ci sono anche differenze. Negli anni Sessanta negli States le persone di colore dovevano sedersi in fondo all’autobus; nella Palestina occupata, i palestinesi non sono nemmeno autorizzati a salire nei pullman né ad utilizzare le strade dove i bus transitano, strade costruite su terra rubata al popolo palestinese”.

Decine di bus che collegano le colonie israeliane alle città all’interno dello Stato di Israele, mezzi pubblici vietati ai palestinesi residenti in Cisgiordania e che possono entrare in Israele solo attraverso i pochissimi permessi rilasciati dalle autorità di Tel Aviv. Un regime di apartheid e di reale segregazione che nei Territori Occupati viene portata avanti anche attraverso le cosiddette bypass road, strade di collegamento all’interno della Cisgiordania il cui accesso è vietato ai palestinesi. Strade che rompono fisicamente la continuità territoriale del territorio palestinese, obbligando lavoratori, studenti e famiglie a utilizzare strade secondarie per raggiungere posti di lavoro e scuole. E spezzando anche la formazione di un’economia interna e di un mercato indipendenti.

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“Ai palestinesi è vietato attraversare le bypass road con i propri veicoli – ha spiegato l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem – Ma non solo. L’accesso è ristretto anche alle strade che corrono vicine alle bypass. In questo caso, i palestinesi sono costretti a scendere dalle proprie auto, attraversare la strada a piedi e cercarsi poi un mezzo di trasporto alternativo dall’altra parte”. Sono decine le linee di collegamento tra gli insediamenti israeliani e tra le colonie e Gerusalemme Est. Ad organizzare il trasporto pubblico da e per le colonie in Cisgiordania sono compagnie private, tra cui Egged e Veolia, entrambe coinvolte nel progetto e la realizzazione del tram Jerusalem Light Rail, nuova linea di collegamento diretto tra le colonie a Est di Gerusalemme e il centro della città. L’azione di disobbedienza civile organizzata per domani rientra così nella più globale campagna di boicottaggio contro lo Stato di Israele.

“Facilitando il trasferimento di popolazione all’interno dei Territori Occupati – continua ISM – Egged e Veolia sono attivamente e consciamente complici della politica colonizzatrice israeliana, che la Corte Internazionale di Giustizia ha definito illegale in quanto in violazione della legge internazionale”. Egged è la più grande compagnia israeliana di trasporto pubblico, mentre Veolia è una multinazionale francese. Quest’ultima è da tempo il target della campagna BDS in tutto il mondo e ha subito dure perdite a causa della decisione di molti Comuni, tra cui quello di Londra e di Edimburgo, di stracciare i contratti firmati con la compagnia. “Gli israeliani non soffrono alcuna restrizione alla loro libertà di movimento all’interno dei Territori Occuapti – hanno concluso gli organizzatori – e sono autorizzati ad occupare terre, violando la legge internazionale.

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I palestinesi, al contrario, non sono autorizzati ad entrare in Israele senza uno speciale permesso rilasciato dalle autorità israeliane. Inoltre, la libertà di movimento per i palestinesi in Cisgiordania è ulteriormente ristretta: l’8% del territorio non è accessibile”. A completare il quadro, altri dati: oltre il 42% della terra palestinese in Cisgiordania è stata confiscata per la costruzione di avamposti illegali, di colonie israeliane e del Muro di Separazione. Attualmente i Territori Occupati Palestinesi (Striscia di Gaza e Cisgiordania) costituiscono solo il 22% della Palestina storica.

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