Ong egiziane: regime nuovo e repressioni vecchie
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Ong egiziane: regime nuovo e repressioni vecchie

Organizzazioni non governative nel mirino del governo militare di transizione. Le Ong accusate di usare i finanziamenti dall'estero per destabilizzare il Paese.

Ong egiziane: regime nuovo e repressioni vecchie
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26 Ottobre 2011 - 11.38


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di Emma Mancini

Le 30mila organizzazioni non governative locali e internazionali di stanza in Egitto sono finite nel mirino del nuovo regime egiziano. A denunciare il pericolo é l’Irin, servizio di analisi e informazione dell’agenzia delle Nazioni Unite OCHA, che in un report pubblicato ieri ha espresso profonda preoccupazione per le minacce degli ultimi mesi.

Dopo la caduta del regime decennale del presidente Hosni Mubarak, la nuova leadership ha mostrato un volto repressivo delle libertà delle organizzazioni umanitarie impegnate in Egitto: le speranze di una rinnovata libertà di azione e di maggiore spazio di intervento si sono presto infrante contro il dispotismo dei militari attualmente al potere.

Il governo di transizione, guidato dal Consiglio Supremo delle Forze Armate, che ha preso in mano le redini del Paese per traghettarlo verso le elezioni del 28 novembre, ha accusato le Ong internazionali presenti in Egitto di ricevere milioni di dollari da finanziatori stranieri al fine di destabilizzare il Paese: le violenze nelle piazze dopo la fine della rivoluzione sarebbero da imputare a soggetti internazionali che attraverso le Ong intendono “guidare” ed influenzare il volto del nuovo Egitto.

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La legge egiziana non vieta alle organizzazioni non governative di ricevere finanziamenti dall’estero, ma prevede la registrazione del denaro in entrata presso un apposito ufficio governativo, mentre il Ministero della Solidarietá Sociale è chiamato ad approvare il versamento. Nel 2010, un nuovo disegno di legge era stato presentato in parlamento dall’esecutivo allora in carica: ulteriori restrizioni al finanziamento delle Ong

E dopo la caduta della dittatura di Mubarak, le forze armate hanno avviato una campagna volta a calunniare il ruolo di 30mila Ngo, impegnate da anni in sviluppo, tutela dei diritti umani e educazione politica. Accuse che i diretti interessati rispediscono al mittente. “Questa campagna diffamatoria – ha spiegato all’Irin Maged Adeeb, presidente dell’Ong egiziana National Centre for Human Rights – é l’ennesimo esempio delle restrizioni sofferte dalle Ong in questo Paese. Accusandoci di ricevere denaro e di usarlo per indebolire la sicurezza dell’Egitto, il governo crea un gap insuperabile tra noi e i cittadini”.

Soprattutto in vista delle tanto attese elezioni, un diritto democratico per cui il popolo egiziano ha combattuto e ha dato il proprio sangue. Elezioni che alcune delle Ong finite nel mirino delle forze armate al governo intendono monitorare. A fermarle é già intervenuta la Commissione Elettorale, guidata da membri del Consiglio Supremo militare: nessun gruppo né organizzazione internazionale potrá monitorare l’andamento del voto e la sua correttezza
“Il nuovo governo collabora con il vecchio potere, con ex membri del partito unico di Mubarak, per distruggere le Ong”, ha detto in una conferenza stampa al Cairo Negad Al Borae, leader e attivista egiziano.

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Le prime avvisaglie della nuova repressione di Stato si sono palesate a luglio quando il Ministero della Cooperazione Internazionale annunció l’apertura di un’inchiesta nei confronti di Ong che non avrebbero registrato il trasferimento dei fondi dall’estero. L’inchiesta era stata avviata a seguito della dichiarazione di Anne Patterson, ambasciatrice statunitense in Egitto: gli Usa avevano donato 40 milioni di dollari a seicento Ong egiziane al fine di promuovere la democrazia nel Paese.

A settembre, le indagini ministeriali si sono chiuse male per le organizzazioni coinvolte: secondo il Consiglio dei Ministri circa trenta Ong, tra cui le note Hisham, National Democratic Institute e Mubarak Law Centre, avevano ricevuto finanziamenti illegali dall’estero.

A dire la sua anche il ministro della Giustizia, Mohamed Abdel Aziz al-Guindi, secondo il quale le Ong in questione cospiravano contro il Paese inviando a partiti esteri informazioni sensibili. Ma il dicastero non si è limitato alle parole: il 9 ottobre ha convocato cinque attivisti della societá civile accusandoli di aver utilizzando denaro straniero per fomentare le violenze durante la rivoluzione.

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La lunga serie di minacce e di vessazioni contro le Ong mostra il volto reale del nuovo regime egiziano: la libertá urlata nelle piazze e la giustizia sociale simbolo di una bella rivoluzione stanno finendo calpestate dagli stivali lucidi dei militari.

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