In Siria nessuna soluzione in vista
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In Siria nessuna soluzione in vista

Dopo sette mesi di combattimenti, si allunga la lista delle vittime. Ieri sono stati 12 i morti nel 30esimo venerdì di protesta contro il regime del partito Assad.

In Siria nessuna soluzione in vista
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24 Settembre 2011 - 19.40


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La “rivoluzione siriana” e’ entrata nel settimo mese, almeno 12 vittime ieri nel 30o venerdi’ di protesta contro il regime del partito Baath e di Bashar Al Assad, e non si intravedono all’orizzonte prospettive di una soluzione politica. Le manifestazioni si susseguono ormai con cadenza giornaliera piuttosto che settimanale in molte localita’ del paese. Homs, terza citta’ del paese – ed in particolare i quartieri di Bab Amr, Bab Sbaa, Khaldya – si conferma come la citta’ roccaforte della protesta. La repressione violenta delle proteste da parte di forze sicurezza e milizie pro-governative , che si era intensificata durante il mese di Ramadan con l’attacco dell’esercito contro le citta’ di Hama, Deir Az Zoor, Homs, continua. Anche la conta delle vittime e’ giornaliera. 7 giovedi’ , 5 mercoledi, 12 martedi’ secondo i Comitati di Coordinamento Locali. Anche sulle cifre delle vittime ci sono dati discordanti. Secondo la consigliera di Bashar Butheina Shabaan le vittime totali sono 700 civili e 700 militari.

La commissaria Onu dei Diritti Umani Navi Pillay aveva denunciato a fine Agosto “2,600 vittime accertate”. L’ong Avaaz denuncia oltre 5,000 vittime. Avaaz aveva lanciato una campagna contro la “sparizione forzata” (persone di cui non si hanno notizie) di circa 3000 persone. “Molte persone sono state arrestate e sparite all’inizio delle proteste (Marzo/ Aprile). E’ verosimile credere che a quest’ora siano morti” denuncia Loqman, oppositore dei Comitati di Coordinamento Locale.

Il 6 settembre e’ stato riconsegnato dalla polizia alla famiglia il cadavere di Ghiyath Matar , 25 anni, arrestato 6 giorni prima. Gli attivisti denunciato che e’ stato ucciso sotto tortura. Ghiyath era uno degli organizzatori delle manifestazioni a Daraya, sobborgo di Damasco, strenuo fautore della scelta nonviolenta. Era soprannominato il “piccolo Ghandi” perche’ aveva distribuito fiori ai soldati che presidiavano l’area. Alla veglia funebre di Ghiyath hanno partecipato l’ambasciatore americano Ford ed altri ambasciatori occidentali, suscitando le ire delle autorita’ siriane.

La crisi siriana sembra aver raggiunto un pericoloso momento di stallo, in cui aumentano le minacce di discesa in una guerra civile tra oppositori e sostenitori di Bashar Al Assad, in gran parte su linee settarie (alawuiti i primi, sunniti i secondi). “Con la crescita della repressione il regime alza il prezzo della partecipazione alle proteste: alcuni smettono di protestare, dunque vince, altri decidono di ricorrere alle armi, dando ragione alla tesi ufficiale (che considera I manifestanti terroristi armati), e probabilmente vince lo stesso” scrive Peter Harling, analista dell’International Crisis Group.

Alcuni attivisti lamentano stanchezza e frustazione. “Pensavo che Ramadan sarebbe stato un momento di svolta” dichiara Alexander Page, pseudonimo di un’attivista della Coalizione di Damasceni liberi per il cambiamento pacifico, “ma non e’ stato cosi’.” Sono aumentate nel corso del tempo anche le chiamate alle armi. “Un uomo d’affari del Qatar ha offerto di pagarmi l’affitto se faccio entrare delle armi in Siria”, racconta Eyad, un ragazzo di Homs scappato ad Amman.

L’agenzia ufficiale Sana riporta che 5 uomini della polizia sono stati uccisi in un’imboscata vicino Daraa. La TV siriana ha mandato in onda nelle scorse settimana la confessione di un ufficiale dei movimento dei “Liberi ufficiali”, gruppo di soldati ammuniti, e di Iyad Youssef Enam, un palestinese giordano che ha confessato di aver aiutato il Mossad ad assassinare Imad Mughniyeh, leder militare di Hezbollah, nel 2008 a Damasco (ma la famiglia di Iyad smentisce questa versione). Sembra che, dopo varie false partenze, la variegata opposizione siriana sia riuscita a dotarsi di una leadership unitaria. Il 15 settembre ad Istambul e’ stata annunciata la formazione di un Consiglio Nazionale Siriano (CNS) composto da 140 membri, 85 espressione dell’opposizione all’interno ed 55 di quella all’estero.

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