Hamas e Fatah, unità a rischio

Oggi si aprono al Cairo i colloqui per la formazione del nuovo governo. Le parti sono ai ferri corti dopo la decisione di Abu Mazen di proporre Salam Fayyad come premier.

Hamas e Fatah, unità a rischio
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14 Giugno 2011 - 16.05


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Le delegazioni di Fatah e Hamas si incontrano oggi al Cairo ma il futuro del governo di unità nazionale concordato dalle due parti è a forte rischio. Il patto di riconciliazione, firmato il 4 maggio, è inciampato al primo vero ostacolo: la nomina del primo ministro. Sabato scorso il Comitato centrale del partito Fatah, guidato Abu Mazen, ha annunciato il nome di Salam Fayyad, attuale capo di governo dell’Anp, come candidato-premier del nuovo esecutivo. Una scelta che ha fatto infuriare gran parte della leadership del movimento islamico e innescato un muro contro muro che rischia di impedire la riconciliazione tra le due principali organizzazioni politiche nei Territori occupati, chiesta con insistenza dall’intera opinione pubblica palestinese, anche con una giornata di mobilitazione lo scorso 15 marzo.

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Una fonte autorevole di Hamas, citata oggi dal quotidiano arabo al Hayat, mette in chiaro che oggi la delegazione del movimento opporrà il nome di Ismail Haniyeh, capo del governo di Hamas a Gaza, a quello di Fayyad. Da parte loro i delegati di Fatah dal Cairo fanno sapere che Abu Mazen rimane convinto che l’unico premier possibile rimane Fayyad, per evitare l’isolamento del fututo esecutivo e continuare ricevere gli aiuti internazionali. Lo scontro appare inevitabile. Salah Al Bardawil, portavoce di Hamas, ha ribadito che Fayyad non verrà accettato come primo ministro e neppure come ministro in carica nel futuro governo. “Membri e leader di Hamas hanno sofferto abbastanza e sopportato sufficienti torture durante i quattro anni di governo Fayyad . Inoltre, lui si è reso responsabile dell`indebitamento del popolo palestinese” , ha concluso Al Bardawil.

Il rifiuto di Hamas non sorprende. Il patto di riconciliazione prevedeva infatti la nomina di un governo tecnocratico indipendente, incaricato di indire elezioni entro un anno. Sulla figura del presidente Abu Mazen si era scesi a compromessi, precondizione per legittimare il nuovo governo presso la comunità internazionale. Che Abu Mazen rimanga la faccia dell’Autorità Palestinese potrebbe non bastare a garantire la benevolenza – e gli aiuti finanziari – degli Stati Uniti. Subito dopo la firma della riconciliazione, Obama aveva definito il patto di riconciliazione un “enorme ostacolo per la pace”, e davanti al pubblico israelo-americano della lobby AIPAC aveva esplicitamente annunciato che “non ci si poteva aspettare da alcun paese di negoziare con un’organizzazione terrorista”. Israele dal canto suo non ha mai fatto mistero della sua opposizione alla riunificazione palestinese. In una dichiarazione all’Associated Press, Netanyahu aveva apertamento chiesto a Fatah di “stracciare l’accordo di riconciliazione con Hamas”.

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L’esito dell’incontro di oggi al Cairo, chiarirà il ruolo di Salam Fayyad. Fatah potrebbe usarlo come carta da giocarsi nelle contrattazioni sulle nomine di altri ministri, e scendere a compromessi per ottenere concessioni da Hamas. O per il timore di una ritorsione da parte di Israele e degli Stati uniti potrebbe muoverlo ad essere inflessibile e fare di Fayyad il bastone tra le ruote della riunificazione. La pressione degli aiuti finanziari che pagano i salari a 200.000 impiegati pubblici è forte. E il volere politico di raggiungere una vera riunificazione nazionale, con la conseguente spartizione del potere, si é affievolito con lo scemare della pressione pubblica.

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