Il discorso di Obama: Israele è uno Stato ebraico
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Il discorso di Obama: Israele è uno Stato ebraico

Il quotidiano di Tel Aviv Yediot Ahronot pubblica oggi la bozza del discorso al mondo arabo che il presidente Usa pronuncerà. Sul NYT invece Abu Mazen chiede riconoscimento Stato palestinese.

Il discorso di Obama: Israele è uno Stato ebraico
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17 Maggio 2011 - 20.07


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Nel nuovo discorso rivolto al mondo arabo che pronuncerà giovedì sera, il presidente americano Barack Obama chiederà ai palestinesi di riconoscere Israele come «Stato degli ebrei» e si esprimerà con forza contro la proclamazione unilaterale di indipedenza palestinese che il presidente dell’Anp Abu Mazen intenderebbe fare il prossimo settembre. Lo riferisce oggi il quotidiano israeliano Yediot Ahronot che sostiene di aver ottenuto la bozza del discorso di Obama.

Sottolineando che il documento non contiene dichiarazioni nettamente discordanti dalla linea del premier israeliano Netanyahu, Yediot Ahronot aggiunge che Obama chiederà a israeliani e palestinesi di riprendere il negoziato, come unica strada per raggiungere una «pace stabile», e a Netanyahu dirà di non espandere le colonie israeliane nei Territori occupati palestinesi. Allo stesso tempo si esprimerà a favore di Gerusalemme capitale non solo di Israele ma anche di un possibile Stato palestinese.

Secondo il giornale il presidente Usa avrebbe modificato nella direzione di Israele il suo discorso dopo il veemente discorso pronunciato alla Knesset da Netanyahu, nel quale il premier israeliano ha ribadito con forza che Israele non cederà mai il controllo di tutta Gerusalemme, della Valle del Giordano e dei blocchi di colonie ebraiche in Cisgiordania.

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Il riconoscimento palestinese di Israele come Stato ebraico è il punto sul quale batte ormai da due-tre anni a questa parte l’establishment politico israeliano, di destra e di centrosinistra. Una richiesta mai presentata ai passati tavoli di trattativa volta, di fatto, ad ottenere l’annullamento del «diritto al ritorno» alle loro case (in territorio israeliano) per i profughi palestinesi del 1948 (oggi oltre 4 milioni) sancito dalla risoluzione 194 dell’Onu. Israele sostiene che applicando il «diritto al ritorno» perderebbe il suo carattere «ebraico e sionista».

Intanto oggi sul New York Times, Abu Mazen ha sottolinea che «I negoziati rimangono la nostra prima opzione, ma dato il loro fallimento siamo costretti a rivolgerci alla comunità internazionale…non possiamo aspettare indefinitamente mentre Israele manda nuovi coloni nella Cisgiordania occupata e nega ai palestinesi l’accesso alla maggior parte delle nostre terre e luoghi santi, in particolare Gerusalemme». «Nè le pressioni politiche, nè le promesse di ricompensa da parte degli Stati Uniti hanno fermato il programma israeliano degli insediamenti», aggiunge. Secondo il presidente dell’Anp «L’ammissione della Palestina all’Onu aprirebbe la strada all’internazionalizzazione del conflitto come questione legale, non solo politica -sostiene- ci permetterebbe di citare Israele davanti all’Onu, gli organismi per i diritti umani e la corte internazionale di giustizia».

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