«Seppellitemi con i miei stivali» è il titolo di un libro di Sally Trench che è diventato un bestseller negli anni Settanta. Lei ha dedicato la sua vita alle persone marginali: drogati a Londra prima, poi giovani disadattati per tutta l’Inghilterra, bambini travolti dalla guerra in ex Jugoslavia, e così via. Papa Francesco l’avrebbe riconosciuta come una donna che sa stare tra le strade accidentate dei nostri tempi. Una donna non con i tacchi a spillo, che non vanno bene nelle strade sconnesse. Una santa della porta accanto che indossa stivali.
Francesco era fissato con le scarpe. Rivolgendosi ai giornalisti disse che dovevano «consumare le suole delle scarpe» per non essere spettatori esterni dei fatti che raccontavano. Perché non bisogna «balconear la vida», guardare la vita dal balcone. Mai.
Le sue scarpe erano nere, ortopediche, e a fagiolo. Scarponcini. I suoi piedi li incrociavano senza timore di pose troppo rilassate per apparire ieratiche. Quelle scarpe hanno solcato le strade del mondo.
E così ha voluto essere sepolto, con quelle scarpe. Era come se avesse detto anche lui come Sally Trench: «seppellitemi con i miei stivali». Infatti, chi lo ha osservato composto nel feretro sobrio forse avrò notato che la scarpa destra era pulita lucida ma un po’ segnata come da un taglio superficiale.
Non scarpe nuove, ma scarpe ben usate, da strada: così Francesco è stato deposto nella sua tomba. Un dettaglio, certo, ma capace di riassumere senza parole non solamente un pontificato, ma una vita al servizio del Vangelo e al servizio di quei «tutti» (todos todos todos era il suo mantra), ai quali voleva baciare i piedi senza scarpe il Giovedì Santo.
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