Dopo Francesco non si torna indietro
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Dopo Francesco non si torna indietro

I funerali di Papa Francesco si sono svolti un sabato di fine aprile, caldo ma ventilato, in una Roma taciturna e blindata.

Dopo Francesco non si torna indietro
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27 Aprile 2025 - 20.05


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di Giovanna Musilli

I funerali di Papa Francesco si sono svolti un sabato di fine aprile, caldo ma ventilato, in una Roma taciturna e blindata. Vedere i potenti della terra seduti in silenzio uno accanto all’altro, e di fronte a loro i 135 cardinali che a breve eleggeranno il nuovo pontefice, produce un effetto straniante. 

In questa atmosfera sospesa, mentre infuriano la guerra in Ucraina e la criminale rappresaglia israeliana in Palestina, il Cardinale Giovanni Battista Re, durante l’omelia, rivendica fieramente i tratti decisivi del pontificato di Bergoglio: la difesa delle minoranze, il pacifismo incondizionato, e l’ambientalismo. Tutti valori che hanno il loro fondamento nel Vangelo, e che poco o nulla hanno a che fare con quei capi di stato così addolorati e contriti dinanzi all’umile bara di legno che custodisce le spoglie mortali del Papa. Finalmente, di fronte a Francesco, che è lì ma non è lì, e di fronte a chi ha il compito di decidere, la voce del decano pronuncia l’impronunciabile: accoglienza, integrazione, negoziati di pace, sostegno alle fasce deboli della popolazione, condanna di chi costruisce muri e prepara guerre. 

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Allora, mentre a feretro ancora caldo si fa già un gran parlare del successore, delle correnti che agiteranno il prossimo conclave, dei progressisti contra conservatori… Il velo d’ipocrisia viene squarciato in mondovisione. Francesco fa il suo primo miracolo. 

Non è possibile immaginare chi gli succederà, ma forse una domanda è lecita: i cardinali che auspicano una discontinuità rispetto a Bergoglio, gli oppositori interni durante l’intero corso del suo pontificato, esattamente di quali valori sono portatori? Nel 2025, mentre il mondo va in fiamme, è davvero pensabile un Papa indifferente alle vicende politiche, o peggio, incline al compromesso col potere e che non desideri una Chiesa “ospedale da campo” per chi ne ha bisogno? 

A questo proposito, non è affatto chiaro cosa intenda di preciso il Cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller quando dice che “la Chiesa è il corpo mistico di Cristo e non un’organizzazione internazionale umanitaria e sociale”. Probabilmente si riferisce all’argomento principe della restaurazione, che sta già trapelando dai salotti buoni della Curia: la mancanza di trascendenza a fronte di un impegno politico e sociale totalizzante. Insomma, secondo l’ala più regressiva dei porporati, il Papa deve smettere di occuparsi dei poveri e degli emarginati del mondo, della tragedia della guerra, e dei disastri socio-economici e ambientali del capitalismo selvaggio. Così potrà riscoprire la contemplazione filosofico-teologica, e devolvere il suo impegno più indefesso a salvare le anime dei fedeli, più che le loro vite. È già chiaro, in sintesi, quale tipo di Papa sarà gradito agli establishment dell’occidente democratico. Con buona pace di Bergoglio.

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Eppure, il cuore del cristianesimo è l’ecumenismo attivo. Per saperlo basta leggere il Nuovo Testamento: Francesco lo ha dimostrato bene a tutti, credenti e non credenti. Lo spirito del Vangelo è condensato nell’ultima benedizione urbi et orbi, il giorno di Pasqua, quando un Papa stanco e affaticato ha consegnato all’umanità il suo testamento spirituale dicendo: “Nessuna pace è possibile senza disarmo”.

Bergoglio ci ha ricordato che l’insegnamento di Gesù è la vita militante, l’accoglienza verso il prossimo, la cura del creato. Non è stato un Papa “di sinistra”, è stato un Papa cristiano.

È vero che la tradizione ha da sempre abituato i cristiani a digerire Papi re, guerrafondai, corrotti, e fin troppo coinvolti nelle trame politiche (nazionali e internazionali)… Ma ora, dopo Francesco, non si torna indietro. 

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