Diceva Francesco che il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne fino a soffrirla
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Diceva Francesco che il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne fino a soffrirla

La storia di coloro che credono in Dio è una storia di percorsi dal visibile all'invisibile, “per visibilia ad invisibilia”. In questo cammino Tommaso ci insegna che è legittimo dubitare.

Diceva Francesco che il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne fino a soffrirla
Papa Francesco
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Rocco D'Ambrosio Modifica articolo

26 Aprile 2025 - 19.39


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l Vangelo odierno: La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome
(Gv 20, 19-31 – In Albis / C).

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C’è anche un po’ di smarrimento negli occhi (e nel cuore) di chi ricorda papa Francesco. Il Signore, comunque, non abbandona mai i suoi discepoli. Da Risorto è sempre al nostro fianco e guida la Sua Chiesa, anche quando le righe possono essere storte, ma Lui scrive “diritto”. In questa domenica siamo un po’ come i discepoli: abbiamo timore. Papa Francesco è stato, con i suoi pregi e difetti, un punto di riferimento per tanti, dentro e fuori la comunità cattolica. Cosa ora ci attende?Proviamo a “chiederlo” al brano evangelico di oggi. 

L’intero brano è attraversato da una dinamica molto legata ai sensi, in particolare al tatto; gli inglesi direbbero “touching”. Gesù mostra le mani e il costato, i discepoli lo vedono e lo ascoltano, Gesù soffia su di loro, si fa vedere a tutti, ritorna per farsi vedere e toccare da Tommaso, che chiede propio questo contatto fisico per credere il Lui. Ha scritto con chiarezza papa Francesco nella sua Fratelli tutti: “Quando il cuore assume tale atteggiamento, è capace di identificarsi con l’altro senza badare a dove è nato o da dove viene. Entrando in questa dinamica, in definitiva sperimenta che gli altri sono “sua stessa carne” (cfr Is 58,7)” (n. 84). Purtroppo una persistente influenza spiritualista ha spesso ridotto la fede a un qualcosa di troppo cervellotico e poco fisico ed emotivo. Il brano odierno basterebbe a sconfessare questo impoverimento della fede cristiana. Si crede con tutto se stessi: interiorità, intelletto, emozioni e fisicità; niente escluso. In ciò sono tante le testimonianze di papa Francesco e ne rendiamo lode a Dio. 

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Una particolare attenzione merita il desiderio di Tommaso di toccare Gesù. Egli ritorna ad apparire proprio per Tommaso, l’incredulo, colui che otto giorni prima aveva detto: “se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”. Gesù lo accontenta e apparendo gli dice di toccarlo, nei segni più autentici ed emblematici del suo patire: le mani e il costato. Si direbbe oggi nei segni di violenza e di morte di tutte le vittime di guerra, in ogni angolo della terra. 

Certamente Tommaso è soddisfatto nel suo desiderio umano, ma esso è comunque indice di una fede che vuole essere piena: credere con tutto se stessi. Il cammino di Tommaso, infatti, non si ferma alla prova fisica di un qualcosa creduto con la testa e in cerca di conferme. Il cammino di Tommaso va dai segni esteriori all’adesione del cuore. Per questo Tommaso afferma: “mio Signore e mio Dio”, proprio dopo aver toccato Gesù. Questo cammino è oggi richiesto anche a noi la mancanza “fisica” di papa Francesco – come di tutte le persone che abbiamo amato e ora non ci sono più – ci deve portare a confermare la nostra fede nel Risorto, eliminando sempre più i diversi “se” e “ma”. Il centro della vita di fede è sempre e comunque il Signore. Le persone che incontriamo sul nostro cammino – dal papa a chi ci è affianco ogni giorno – sono dei doni per andare a Lui e credere in Lui, crescendo e fortificandoci, pieni di sapienza e con la grazia di Dio (Cf. Lc 2, 40).

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La storia di coloro che credono in Dio è una storia di percorsi dal visibile all’invisibile, “per visibilia ad invisibilia”. In questo cammino Tommaso ci insegna che è legittimo dubitare. Anzi, per alcuni aspetti, sembra addirittura doveroso. Agostino ci ricorda che il dubbio di Tommaso è stato causa di una importante beatitudine: “beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!” Ossia beati noi. 

Ma questa beatitudine ci sprona anche a dare un giusto valore ai segni esteriori, alla carne, alla fisicità incluse. E il primo passo è affermare onestamente: vorremmo tante volte ricevere il dono di Tommaso, cioè toccarlo e aumentare la nostra fede. Forse alcune volte il Signore ci concederà qualcosa di simile; forse ci rimanderà a una fede nuova, forse ci spingerà a toccare altri. Sempre papa Francesco: “Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello. Per tale ragione il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone” (FT, 115). 

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