È Pasqua. E oggi l’annuncio risuona, antico e nuovo, in ogni angolo del mondo: Cristo è risorto. Ma cosa significa davvero questo grido di vittoria sulla morte in un tempo nel quale la morte e le stragi non fanno più notizia?
Papa Francesco, quando era arcivescovo di Buenos Aires, dedicò anni di omelie pasquali a una lettura profonda e concreta di questo mistero. Per lui, la Pasqua è un’esperienza viva che interpella il presente, la storia cioè, con tutto il suo bagaglio di dolore e speranza.
Ci sono tre immagini attorno alle quali ruota la sua meditazione negli anni argentini.
La pietra, prima di tutto. Simbolo di ciò che pesa, che schiaccia, che chiude. È la sentenza che pare definitiva. Ma proprio quella pietra, nella notte della risurrezione, si sposta. E apre un varco. Da tomba si fa porta.
Poi la seconda immagine, il terremoto, che accompagna sia la scena tremenda della morte di Cristo in croce, sia la manifestazione della risurrezione È il grido dell’umanità, lo sentiamo: è anche quello che sale dal mondo ogni giorno. L’urlo di chi soffre, di chi non vede via d’uscita. Ma è anche il segno che qualcosa si muove. Che la vita non è finita. Che un’altra voce, più profonda, vuole farsi sentire.
Infine, il movimento. Tutti i personaggi del Vangelo si mettono in cammino. Corrono, cercano, incontrano. Nessuno resta fermo. È il segno che la fede è dinamica, che il Vangelo stesso è in movimento e ci mette in movimento per fare di questo mondo un posto migliore. Ma – dice il Papa – il vero movimento parte da dentro, da uno scuotimento interiore. Dal desiderio di vita.
Eppure, ammette Francesco, tutto questo ci fa paura. La gioia a volte ci spaventa, la libertà ci confonde. A volte, dice Bergoglio, preferiamo restare sicuri accanto alla pietrache abbiamo addosso, piuttosto che affrontare il vuoto del sepolcro libero, aperto.
E invece Pasqua è questo: lasciarsi scuotere. Abbiamo bisogno che qualcuno ci dica, proprio oggi: la pietra è rotolata via. La porta è aperta. Così ha senso l’annuncio che oggi risuona: Cristo è risorto. È davvero risorto.
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