Femminicidi, ormai è una piaga
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Femminicidi, ormai è una piaga

L'informazione non può essere sempre dalla parte di lui - un decalogo per i giornalisti. Ai giovani serve informazione e formazione.

Femminicidi, ormai è una piaga
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8 Aprile 2025 - 19.16 Culture


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di Silvia Garambois*

Non sono numeri, hanno un nome: non “una donna ammazzata ogni tre giorni”, ma chi è, la sua storia. L’empatia. I femminicidi in Italia non guardano l’anagrafe, vengono uccise donne di tutte le età, da uomini di tutte le età. Anche “vecchi”. Ma quando sono troppo giovani, è una scossa…

llaria Sula 22 anni, accoltellata e “buttata via” in una valigia da Mark Antony Samson, 23 anni, studente come lei della Sapienza di Roma. Sara Campanella 22 anni, accoltellata a Messina dal compagno di Università Stefano Argentino, 27 anni.

Ma anche Michelle Causo, 16 anni, gettata come immondizia in un sacco della spazzatura da un ragazzo di 17 anni.

E poi ci sono Silvana Arena di 73 anni ammazzata a bastonate dal marito, 73enne pure lui, pensionato, nel loro appartamento di Venaria Reale. Bruna Tavanti a 84 anni accoltellata dal marito a Campi Bisenzio, Firenze. La stessa morte di Domenica Caligiuri: lui, un falegname in pensione di 73 anni, è rimasto con il corpo della moglie sul letto per due giorni prima di confessare… (da un calcolo del 2022 le donne anziane uccise rappresentano un terzo dei femminicidi, tra loro molte malate, molte con mariti ossessionati da antiche gelosie, o che “non ne potevano più”).

Nonne e nipoti. In mezzo la storia d’Italia, un Paese che cambia, che cambia le leggi. Le donne che fanno conquiste importanti, divorzio, aborto, nuovo diritto di famiglia. Che si impongono nelle Università e nei luoghi di lavoro. Che governano il Paese. E allora, perché ancora, di nuovo, sempre?

C’è una data che è un discrimine tra nonne e nipoti: il 5 agosto 1981. È il giorno in cui il Parlamento abrogò il Codice Rocco dal nostro ordinamento, quella legge che “perdonava” con pene miti il marito assassino se era geloso (il marito, non la moglie) e che assolveva dall’accusa di stupro il violentatore, se sposava la ragazza (anche se lei non ne voleva sapere). Una norma basata sull’”onore”: l’onore di lui tradito, l’onore del padre che vedeva la figlia sposa.

Le nonne, quel giorno, c’erano. L’abrogazione della legge rispondeva a una esigenza sociale (le ragazze manifestavano al grido di “Io sono mia”, mimando con le mani la vagina), ma era nel sentire comune che le donne, comunque, valevano meno. Roba di serie B. Difficile sradicare il pregiudizio da una comunità intera.

Poi ci sono state le figlie e i figli. Avevano bevuto col latte di mamma anche quel sentimento? Il patriarcato si insinuava nell’educazione casalinga, con la banalità? Certo è che gli uomini ammazzano mogli, fidanzate, amanti perché si sentono rifiutati (colpiti nell’onore), non accettano separazioni, non accettano che lei faccia più carriera di lui.

Ora però stiamo parlando della terza generazione. Il Codice Rocco è lontano come la Seconda Guerra Mondiale (quella dei bisnonni). Eppure giovanissimi uccidono giovanissime.

C’è una ricerca di Save The Children (anno 2024) che è da brivido: il 30% degli adolescenti interpellati sostiene che la gelosia è segno di amore, il 17% delle ragazze e dei ragazzi tra i 14 e 18 anni pensa che in una relazione scappi uno schiaffo ogni tanto e l’11% afferma che le proprie foto intime sono state condivise senza il proprio consenso. Il 29% delle ragazze e dei ragazzi pensa che il modo di vestire contribuisca alla violenza sessuale e il 21% ritiene che una ragazza, anche se ha bevuto, può opporsi ad un rapporto sessuale. Molti di loro hanno vissuto relazioni tossiche, denunciano il controllo del partner, sono state aggredite verbalmente e fisicamente, sono controllate nelle amicizie e nel vestiario. Come mezzo secolo fa. Tutti dati confermati anche dai rapporti Eures.

L’unica cosa che le ragazze sanno è chiedere aiuto contro la violenza con il gesto del pollice dentro la mano e le altre dita che si chiudono a pugno: lo hanno visto in tv, nei social, tra amiche.

Cosa chiedono i giovani? Informazione e formazione dei loro insegnanti. Scoprire che “non è sano” diventare proprietà di un’altra persona è il punto di partenza.

Non nascondiamo la mano: anche giornaliste e giornalisti hanno grandi responsabilità. È pur vero che i giornali ormai sono “merce rara” tra i più giovani, ma l’informazione corretta arriva alle famiglie, agli insegnanti, alla società. Una informazione lacunosa non aiuta, anzi, danneggia.

L’informazione non può essere “dalla parte di lui”, giustificazionista: ma se nei titoli leggiamo che lei era pretenziosa, ambiziosa, ossessiva, sempre al telefono, se ne voleva andare, è chiaro che stiamo dando una sponda a lui, anche davanti ai tribunali. Tanto quanto se scriviamo che lui aveva perso il lavoro, era malato, era depresso, era ubriaco. Ma che giustificazioni sono?

Giornaliste e giornalisti nel 2017 hanno scritto un decalogo, il “manifesto di Venezia”, piccole banali regole per fare buona informazione, raccontando una società che è fatta paritariamente di donne e di uomini, in cui si invita alla massima attenzione nel linguaggio sulla violenza alle donne: non esiste il raptus, non è mai la gelosia, non è il troppo amore a guidare la mano assassina.

Nel 2023 siamo riuscite – come Commissioni pari opportunità dell’Ordine dei giornalisti, del sindacato dei giornalisti e dell’associazione GiULiA giornaliste – a “conquistare” un Osservatorio sul “manifesto di Venezia”, grazie alla collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma: si monitora così quotidianamente il racconto della violenza su 25 testate della stampa nazionale.

Per il 2024 sono stati analizzati 3671 articoli di cronaca. Il reato riportato più frequentemente è il femminicidio (25% degli articoli), seguito dalla violenza sessuale (20%), dalle lesioni personali (18%) e dalla violenza domestica (17%)

Quello che con l’esperienza di GiULiA (che è nata nel 2011) possiamo affermare è che il linguaggio dei giornali in questi anni è cambiato, in meglio: abbandonato (quasi del tutto) il “raptus” c’è una cronaca dei femminicidi più rispettosa delle donne. Si parte (anche) di qua.

* Presidente di GiULiA-giornaliste e fa parte della Commissione Pari Opportunità della Fnsi dalla sua costituzione

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