Francesco parla spesso della cultura dello scarto. Lo scarto è ciò che viene gettato via perché inutile, soprattutto perché non funziona. Il rischio è che questa cultura di scarto degli oggetti diventi anche un modo di affrontare la malattia delle persone umane. Un malato rischia di essere inteso come un essere umano che non funziona, e quindi inutile.
In un suo discorso ai membri dell’associazione italiana contro le leucemie il Pontefice ha chiesto di illuminare il “buio del dolore” dove troppo spesso i malati si trovano, scartati “in nome dell’efficienza e della forza”. Ecco il punto: l’esaltazione dell’efficienza e della forza, non dell’umanità! Il trattamento della malattia per Francesco è la cartina di tornasole di una intera società. Lo scarto degli esseri umani è una forma di consumismo, che esalta la prestazione e il consumo.
La malattia, invece porta con sé una grande ricchezza: il dono della tenerezza e della debolezza che suscitano naturalmente cura, attenzione, empatia, ascolto. In un video diffuso dalla Rete Mondiale di Preghiera del Papa, Francesco ha usato espressioni di grande delicatezza, riferendosi a coloro che vivono situazioni estreme, terminali: «anche quando le possibilità di guarigione sono minime – ha detto – , tutti i malati hanno diritto all’accompagnamento medico, all’accompagnamento psicologico, all’accompagnamento spirituale, all’accompagnamento umano. A volte non riescono a parlare, a volte pensiamo che non ci riconoscano, ma se teniamo loro la mano capiamo che sono in sintonia». C’è un diritto alla cura che per il Pontefice è fondamentale. E tenere la mano è il gesto della tenerezza, del contatto con la carne della quale siamo fatti. E questo è il primo significato della parabola del Buon Samaritano.
La malattia diventa anche un tempo nel quale ci si pone tante domande sulla vita, ma anche sul senso della sofferenza, sulla fede. In particolare, quando a soffrire sono i bambini. Francesco si è rifiutato di dare risposte facili. «Noi possiamo chiedere al Signore – ha detto –: “Ma Signore, perché? Perché i bambini soffrono?”. Il Signore non ci dirà parole, ma sentiremo il Suo sguardo su di noi e questo ci darà forza».
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