Cristo è re di giustizia e pace: senza questo la fede è solo rosari sbandierati e cattiveria contro i più indifesi

Noi non siamo giusti come Simeone e Anna. Eppure da loro possiamo imparare che non c'è riconoscimento del Cristo che non sia profezia su di lui.

Cristo è re di giustizia e pace: senza questo la fede è solo rosari sbandierati e cattiveria contro i più indifesi
Migranti e rifugiati
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Rocco D'Ambrosio Modifica articolo

1 Febbraio 2025 - 18.49


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Il Vangelo odierno: Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore –come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore»–e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

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Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 

Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

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«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

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preparata da te davanti a tutti i popoli:

luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

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Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione –e anche a te una spada trafiggerà l ’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui (Lc 2, 22-40).

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L’atto di offrire, a qualcuno per un motivo, fa parte dell’esperienza umana e, quindi, nessuna meraviglia, che sia passato nella vita delle comunità di fede religiosa. Si offre a chi si ama perché si ama, si offre a chi chiede, e lo si può fare per amore o per pietà. Altrimenti non si offre, si è solo costretti a dare per convenienza, ricatto, commercio, prostituzione o altro.

Ma torniamo a Gesù e alla sua presentazione al tempio. Per gli ebrei era un punto di riferimento: “Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore. Per questo Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore”. Con la semplicità dei bambini chiederemmo: ma non è lui il Signore, il Figlio di Dio Padre, l’amato? Si che lo è! Ma è anche pienamente uomo, fedelmente ebreo e obbedisce fino in fondo alla legge dei padri. Ma c’è altro in questo gesto. Ci sono Maria e Giuseppe che sono giusti e vivono la loro fedeltà a Dio fino in fondo. Quello che si deve fare, davanti a Dio e alla comunità, loro lo fanno.

Ma questa manifestazione di Gesù ha anche altri protagonisti: Simeone e Anna. Sono due anziani e li accomuna il desiderio di vedere il Messia prima di morire. Sono esauditi e il loro “vedere” diventa “profetizzare”. Certo parliamo di un dono singolare di Dio: i due saggi anziani sono resi ricolmi dello Spirito di Dio e sono capaci di dire del Cristo quello che è e sarà sempre più. Simeone e Anna riconoscono nel Cristo la “luce delle genti, il segno di contraddizione, il Cristo trafitto e salvatore”

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Noi non siamo giusti come Simeone e Anna. Eppure da loro possiamo imparare che non c’è riconoscimento del Cristo che non sia profezia su di lui. E qui profezia è dire chi è il Cristo, dirlo a sé come agli altri, dire che opera nel mondo e che salva il mondo, senza giudicarlo, dire che svela le contraddizioni personali, sociali e comunitarie. È dire che il Cristo è “luce delle genti”. È “segno di contraddizione” perché svela tutte le ipocrisie, nel mondo e nella Chiesa, in ogni gruppo e persona. È re di Giustizia e di Pace, mai l’una senza l’altra. È la profezia di Dio su questo mondo: ci aiuta a capirlo e a cambiarlo, a spenderci per esso e renderlo più simile al Suo Regno. Il resto è fede ideologica, rosari sbandierati, bugie per difendere le proprie magagne, cattiverie verso i migranti e i poveri, alleanze discutibili, cattivo governo della cosa pubblica, corruzione e criminalità. Non sono tutte la stessa cosa – certamente – ma sono spesso tutte verniciate con motivazioni simili, certamente non cristiane, anzi che gridano vendetta al cospetto di Dio. 

Ma mi piace anche notare che c’è molta tenerezza negli atti di Simeone e Anna. Ma forse è sempre così: solo chi vive non vedendo l’ora di incontrarlo, solo chi è ricolmo di tenerezza nel prenderlo tra le braccia, può dire chi è il Cristo e cosa significa nella sua vita, nella vita del mondo.

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