Napoli e la devianza minorile: armi, violenza e una generazione affamata di senso e futuro
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Napoli e la devianza minorile: armi, violenza e una generazione affamata di senso e futuro

La devianza minorile esplode a Napoli: povertà, isolamento e armi aggravano l’emergenza, mentre le istituzioni faticano a rispondere

Napoli e la devianza minorile: armi, violenza e una generazione affamata di senso e futuro
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14 Novembre 2024 - 23.56


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di Dario Spagnuolo

La devianza minorile a Napoli è tornata a fare notizia a causa del ritmo e dell’efferatezza con cui si susseguono gli omicidi degli adolescenti: Arcangelo Correra, Santo Romano, Emanuele Tufano. Tre morti in soli 15 giorni!
Al di là del clamore momentaneo, devianza e povertà minorile non sono realmente al centro della riflessione e dell’agire delle istituzioni. Ripercorrendo la storia cittadina, è facile cogliere elementi di continuità, ma anche profonde cesure rispetto ai modelli criminali di 40 anni fa. La vita notturna dei bambini a Napoli  non è una novità. Nel reportage televisivo “L’infanzia a Napoli di notte” (1979), Giuseppe Marrazzo mostrava ragazzini intenti di notte a rubare, fumare, adescare i marinai per condurli dalle prostitute.


Le notti cittadine sono ancora popolate da minori. Oggi, però, la circolazione delle armi è maggiore. Una recente ricerca di Maria Luisa Iavarone e Giacomo Di Gennaro, “Ragazzi che sparano”, rivela che Napoli è la città europea dove girano il maggior numero di minorenni con armi da fuoco. Procurarsi una pistola è divenuto semplice. Molti si limitano a modificare un’arma scenografica, acquistata su internet per 80 euro, e a trasformarla in uno strumento di morte seguendo le istruzioni dei tutorial in rete.  Ma ci sono anche coltelli, tirapugni e armi artigianali non meno letali.


E’ il 16 gennaio del 2007 quando Luigi Sica, appena quindicenne, viene accoltellato e ucciso da un coetaneo. Oggi ci sono più armi da fuoco, ma la violenza tra i minori sembra endemica e tornano, tragicamente, anche i nomi dei soliti luoghi: Rione Sanità, Forcella, Quartieri Spagnoli, Scampia, Ponticelli, Piazza Mercato!

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Almeno in apparenza, è il modello criminale ad essere cambiato. Negli anni ottanta Giancarlo Siani sulle pagine de Il Mattino descriveva i “muschilli”, minori utilizzati dalla camorra come corrieri della droga e custodi delle armi per la loro impunibilità. Oggi i giovanissimi vogliono farsi strada nel mondo della criminalità. La camorra dei guappi cede il passo ad una criminalità più violenta e imprenditoriale, alimentata da un fiume di denaro. Si spara per incutere paura e per rivendicare o affermare il controllo su pezzi di città.


E’ una generazione diversa, per la quale valgono le parole di John Steinbeck: “Nell’anima degli affamati i semi del furore sono diventati acini, e gli acini ormai grappoli maturi per la vendemmia”. La gioventù napoletana sembra il frutto di una condizione antropologica che accomuna molti giovani italiani: affamati di senso ma condannati all’irrilevanza!


E’ una generazione nata nell’inverno demografico, che sperimenta sulla propria pelle una forma di eutanasia sociale. Ogni anno almeno 100.000 giovani lascino l’Italia per non tornare più. La fine dello Stato sociale ha trasformato la Campania, la regione più giovane d’Italia, in quella dove il declino demografico è più rapido. Ogni anno, il numero degli alunni campani diminuisce di quasi 20.000 unità!

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E’ anche una generazione che vive sola, immersa nei mondi virtuali in cui tutto è consentito. Si gioca a rubare auto, uccidere poliziotti e, soprattutto, tramite internet prolifera il gioco d’azzardo. I social, poi, hanno moltiplicato i canali per il sesso a pagamento, e tanti minorenni cedono alle lusinghe del denaro.


I mondi virtuali hanno modificato la percezione del bene e del male. Si vive in cerca di continue emozioni: più forti sono e meglio è.  In un mondo anestetizzato, che rifiuta le frustrazioni e cura l’ansia come fosse una malattia, è nato il supermercato delle emozioni.  Non c’è bisogno di faticare e attraversare l’innamoramento e la paura del rifiuto per giungere al sesso, né di soffrire e allenarsi per sperimentare l’adrenalina del successo e della vittoria. Ci si sballa, si compiono stupri, si uccide. E’ una generazione anaffettiva, preda di emozioni transitorie: piacevoli ma rapidamente destinate a concludersi e a inaridirsi, perché non hanno radici in sentimenti di amore, amicizia, autostima.
E’ una generazione che è nata e vissuta mentre si consolidava un cambio di paradigma sociale, con il venir meno della solidarietà e l’affermarsi dell’individualismo, del narcisismo e della competitività.

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La scuola, così, perde di senso perché o troppo diversa dalla vita circostante, oppure non dissimile nel mettere in competizione gli uni contro gli altri.


Di fatto, le risposte sono mancate o sono state di senso contrario. E’ paradigmatica la vicenda di Emanuele Tufano, quindicenne del Rione Sanità ucciso mentre in piena notte partecipava ad un raid armato contro i ragazzi di Piazza Mercato. Emanuele frequentava il corso moda dell’Isabella d’Este – Caracciolo – Salvator Rosa, una scuola già passata attraverso due dimensionamenti, perdendo così il radicamento all’interno del Rione Sanità. Era stato bocciato per le assenze, da quest’anno il suo plesso era stato riassegnato al “Della Porta – Porzio” in nome di una razionalizzazione della rete scolastica che, nel turbinio dei tagli, perde di vista gli alunni.


In una Napoli preoccupata e distratta, tuttavia, una risposta esiste. Un esempio sono le Scuole della Pace animate dai volontari di Sant’Egidio, che riuniscono alcune centinaia di bambini dei quartieri a rischio di Napoli. Con loro, ogni percorso educativo passa attraverso una storia di amicizia personale, ogni momento di crescita è accompagnato dalla presenza di un adulto e nessuno è lasciato solo o indietro. E’ la risposta alla rabbia degli esclusi.

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