Il Vangelo odierno: Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”».
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.
Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano:
«Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide!
Osanna nel più alto dei cieli!» (Mc 11, 1-10; Intero racconto della Passione B: Mc 14, 1 – 15, 47).
Gesù entra a Gerusalemme sul dorso di un puledro. Per quanto l’immagine faccia pensare immediatamente all’umiltà di Gesù, non va trascurato che, per la tradizione biblica, il cavalcare un asino è tipico dell’antica cavalcatura dei principi (Gen 49, 11). Quindi Gesù è un re a tutti gli effetti: la sua umiltà non offusca la sua dignità. Basterebbe questo piccolo particolare per marcare la differenza tra Gesù e i potenti di questo mondo: in tutte le istituzioni, laiche o religiose che siano, ce ne sono diversi, che, per affermare se stessi, molto spesso, hanno bisogno di mostrarsi superbi e spavaldi, di mostrare i muscoli, in ogni senso.
È un ingresso umile, quello di Gesù, con molti particolari interessanti. Tutto è preparato nei dettagli. Asino mai cavalcato: “Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui”. Precisi ordini di Gesù: “E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”. Grande partecipazione popolare: “Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: Osanna…”.
Pochi giorni dopo tutto questo sembrerà così lontano e atrocità e desolazione, nella passione di Gesù, si manifesteranno con indicibile forza. Una sintesi affrettata ci farebbe dire: dalla gloria all’ignominia in poche ore. Ma non è solo un passaggio repentino, frutto di congetture negative. In Gesù è uno stile di vita, che nella passione trova la più alta espressione. Gesù non ha paura di essere riconosciuto come Re, Messia atteso da secoli, ma si conserva umile. Gesù non ha paura di subire passione e morte, ma anche in esse si conserva umile. L’umiltà è uno dei fili conduttori della sua vita, compresi gli ultimi giorni.
Quando lo acclamano gridando “Osanna”, Lui si conserva umile. Quando lo denigrano e accusano ingiustamente, fino a ucciderlo, Lui si conserva umile. Quando risorge vittorioso, Lui si conserva umile. In linguaggio giovanile diremmo: non perde mai la testa, nel dolore come nella gioia, nella sconfitta come nel successo. La sua umiltà è piena adesione al volere del Padre e piena coscienza della sua missione. Non è affatto lo sciocco gioco di provare a essere quello che non si è. La sua umiltà è feconda perché totale svuotamento del sé dannoso e ingombrante per fare spazio all’opera di Dio Padre. Lo stare un po’ più in casa, il numero ridotto di relazioni forse ci potrebbe aiutare a riflettere e far nostra un po’ più di umiltà, ora e quando ritorneremo ritmi più normali.
Ha scritto Thomas Merton: “L’uomo umile prende quanto nel mondo lo aiuta a trovare Dio e lascia da parte il resto. Non è umiltà insistere nell’essere qualcosa che non sei”.