Cosa non si fa pur di criticare Papa Francesco. Un sito cattolico infatti ha criticato non solo la nomina del nuovo prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’argentino Victor Manuel Fernandez, ma la stessa lettera con la quale il papa lo esorta a non fare come in passato. Sacrosanto criticare, soprattutto nei mondi dove il diritto di critica non è sempre stato considerato proprio sacrosanto, ma in questo caso a me sembra che proprio il libero esercizio del pensiero finisce con l’essere criticato e allora vale la pena capirsi.
Cominciamo dal papa: cosa ha scritto e cosa non andrebbe? Ecco qui la tesi esposta a critica del papa: “Francesco scrive a Víctor Manuel Fernández: “come nuovo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, le affido un compito che considero molto prezioso. Il suo scopo centrale è quello di custodire l’insegnamento che scaturisce dalla fede per “dare ragione della nostra speranza, ma non come nemici che additano e condannano”. Poi aggiunge: “Il Dicastero che lei presiederà in altri tempi è arrivato a usare metodi immorali. Erano tempi in cui, anziché promuovere la conoscenza teologica, si perseguivano possibili errori dottrinali. Quello che mi aspetto da lei è certamente qualcosa di molto diverso”. Si tratta di parole gravissime che il Papa “deve essere chiamato a giustificare”, hanno lamentato alcuni cardinali.
Difatti, Francesco a cosa si riferisce? Bergoglio vuole forse cancellare anche le opere di misericordia spirituali? Ciò che il Dicastero ha sempre fatto nella sua storia, aldilà dei cambi di nome, è stato quello di consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti ed ammonire i peccatori”.
Che per criticare un papa si difenda l’Inquisizione è interessante. Sicuro di aver capito tutto? Proseguo e più avanti si legge, giustamente ritengo, che nel famosissimo processo a Galileo Galilei i diritti dell’accusato furono garantiti al di là dei limiti al tempo conosciuti: “ E se Jorge Mario Bergoglio vuole, ancora una volta, cavalcare l’onda mediatica degli ingnorantelli giornalisti di Repubblica, dovrebbe forse scendere negli Archivi e leggere quanto è stato fatto durante il processo a Galileo Galilei. Leggendo gli atti, si renderà conto che i processi subiti da quest’uomo sono stati rispettosi dei diritti dell’imputato più di quanto si possa pensare”. Va bene, è giusto, ma la storia dell’Inquisizione non si esaurisce con il processo a Galileo Galilei, basta aprire Wikipedia per ricordarsi di una storia quasi coeva e finita molto male: “.
Il processo a Giordano Bruno, dopo l’arresto del filosofo avvenuto a Venezia il 23 maggio 1592 e il suo trasferimento nelle carceri romane dell’Inquisizione il 27 febbraio 1593, si concluse il 17 febbraio 1600 con la condanna al rogo per eresia eseguita in piazza Campo dei Fiori”. Di consigli come questo i dubbiosi ne avrebbero fatto volentieri a meno. E se guardiamo a che tipo di “ consigli” venivano dati qualche tempo prima di allora, la stessa Rai cultura ci ricorda di papa Innocenzo VIII e della caccia alle streghe da lui ordinata e dagli inquisitori portata avanti: “ Nel corso del Medioevo infatti, la principale preoccupazione per il tribunale dell’Inquisizione, nato nel XII secolo per difendere l’ortodossia cattolica, è quella di reprime l’eresia. Solo quando si equipara la magia all’eresia, l’inquisizione entra in campo. Le streghe diventano apostate e colpevoli di aver stretto un patto con Satana; e se l’uomo non ha la capacità di distruggere il demonio, può tuttavia distruggere e purificare chiunque scenda a patti con lui. Il 5 dicembre 1484 Innocenzo VIII promulga la bolla Summis desiderantes, con la quale ordina di inquisire, torturare e uccidere le streghe in tutta Europa e in particolare in Germania. Incarica due frati domenicani Jakob Sprenger e Heinrich Kramer, di combatterle. I due pubblicano il Malleus maleficarum, il primo manuale inquisitoriale interamente dedicato alla stregoneria. Per almeno due secoli sarà l’opera di riferimento per i tribunali cattolici e protestanti, diventando il libro più diffuso dopo la Bibbia”.
Se Rai Cultura non dicesse questo non potrebbe dar atto a Paolo III di un comportamento meno aggressivo; “Nel 1542 Paolo III fonda il Sant’Uffizio, la moderna inquisizione Romana, che in linea di principio può agire in tutta la cattolicità, ma di fatto si trova ad operare quasi esclusivamente nell’ambito della penisola italiana. Nonostante uno stereotipo duro a morire pretenda il contrario, la caccia alle streghe è di minore intensità nelle aree in cui opera l’Inquisizione. In Italia il Sant’Uffizio avoca a se i processi più importati, pone termine ai processi sommari, e le pene comminate raramente prevedono la morte. La maggior parte dei roghi si concentra nelle vallate alpine. Il Sant’Uffizio, perde gradualmente interesse per la stregoneria, preferendo concentrarsi sulla diffusione della Riforma, considerata una minaccia molto più reale”. Porre termine ai processi sommari vuol comunque dire che i processi sommari ci sono stati, almeno a casa mia.
Non intendo fare la storia dell’Inquisizione; le azioni umane- scrisse il grande irrequieto Baruch Spinoza- non vanno detestate, lodate o irrise, ma comprese. Vale anche per quanto ha scritto Francesco e chi pur di criticarlo lo fa anche su questo! Cosa voglio dire? Voglio dire che Francesco si è posto nel solco dell’autocritica, dei famosi Mea Culpa di Giovanni Paolo II. Uno di questi, tra i meno noti, riguarda il sacco di Costantinopoli, la Costanipoli cristiana ovviamente, da parte dei crociati durante la IV Crociata. Non fu cosa carina e bene ha fatto Giovanni Paolo II a chiedere perdono secoli dopo. Nessuno, a differenza di quanto afferma Gregorio VII nel suo famoso Dictatus Papae, può dire di non aver mai sbagliato, neanche la Chiesa cattolica. Mentre proprio questo il Ductatus Papae, sbagliando, afferma.
Ma serviva tornare a rievocare – sebbene solo con un cenno- questa storia? Certo che serviva. Faccio un esempio. Tempo addietro in Brasile un padre di famiglia violentò a lungo fino a mettere incinta la figlia di nove anni. Un fatto atroce, e anche abnorme, nel senso che una gravidanza a quell’età non è normale. La madre volle che la piccola abortisse, ma il vescovo chiese che la donna venisse scomunicata. Da Roma un autorevole prelato lo criticò sull’Osservatore Romano, sostenendo che era la vicinanza, la cura per quella piccola creatura la preoccupazione che avrebbe dovuto, per prima, muovere la Chiesa. Ne seguí una disputa nella quale la Congregazione per la Dottrina della Fede diede ragione al vescovo brasiliano.
Dunque tutto questo spiega benissimo perché Francesco abbia proseguito sul cammino di Giovanni Paolo II, preso le distanze dall’Inquisizione e dato la sua indicazione al nuovo Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, che il sito Vaticannews ha riassunto così: “Si ha quindi bisogno di un modo di pensare che possa presentare in modo convincente un Dio che ama, che perdona, che salva, che libera, che promuove le persone e le chiama al servizio fraterno”.
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