A Napoli non si muore: mai

Sono stata a Napoli, tre giorni in cui ho solo riso, cantato, saltato, guardato con stupore la creatività della mia città.

A Napoli non si muore: mai
Napoli
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Tiziana Buccico Modifica articolo

7 Giugno 2023 - 09.01


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Bagno di gioia e questo quello che attira tanti turisti, la gioia che pervade Napoli è proprio contagiosa. Sono stata a Napoli, tre giorni in cui ho solo riso, cantato, saltato, guardato con stupore la creatività della mia città. Certo Napoli è bellissimo, è una città che la natura ha premiato incastrandola tra colline che altro non sono che dei presepi, quel Golfo disegnato alla perfezione, le isole, Punta Campanella e i Campi flegrei e poi sua maestà il Vesuvio che completa il dipinto. Musei come l’Archeologico e il Madre, il Cristo Velato, la Sanità, Capodimonte, la costa e Posillipo e Marechiaro, il centro storico più grande d’Europa, il cibo, l’artigianato, la grande sartoria…ma su tutte quello che magnetizza i turisti e che è diventato un passaparola è la gioia, la gioia di quei napoletani, che seppur con tanti problemi, sorridono, danno consigli, informazioni e regalano sorrisi e complimenti. Questa è la nostra ricchezza, la voglia di essere accoglienti, inclusivi, aperti agli altri e questo il vero segreto di questa città. Da dovunque tu venga sei estraneo solo per qualche momento poi entri nel ritmo e nel sentimento di un luogo che ti abbraccia e di avvolge. E come dargli torto, io che vivo da tanti anni lontana lo provo appena scendo dal treno. Mi pervade la sensazione che si può essere felici e spensierati anche se nella testa ti frullano mille pensieri e mille preoccupazioni, mangi un babà alla Stazione e senti che si può staccare, godendosi colori e sapori e sentirsi accolta da un popolo, che qualche volta ha anche sbagliato ad accogliere. Perché proprio Napoli? Perché puoi liberarti da tutto, indossare la maglietta di Maradona e fare terapia della felicità, puoi sederti sul lungomare a mangiare o bere facendoti incantare dal panorama e dal fantasma buono della sirena Partenope.

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 E allora che dirvi il giorno prima dell’ultima di Campionato ho portato di nuovo mia figlia sedicenne al Murales di Maradona, ormai un santuario, un luogo di culto, si camminava per inerzia, una marea umana, ma napoletani pochi, un fiume di turisti italiani dal Nord e stranieri, impressionante e sinceramente non proprio il massimo per la sicurezza. I canti si sentivano da due tre vicoli prima, una voce sola, inni, canzoni, slogan e GIOIA. Io come sempre rischio la lacrima e mi viene un groppo allo stomaco perché realizzo che sono stata davvero fortunata. Ma quello che questa volta mi colpisce è mia figlia nata a Roma, cresciuta a Tehran e adesso romana a metà, che al mio insistente chiederle se volesse magliette, santini dei calciatori e ogni tipo di gadget, mi ha risposto con tono autoritario: “Mamma non voglio niente, voglio solo godermi questi momenti”! E così rimango basita e ammutolita, caspita lei è entrata nel cuore di questa città, si è innamorata ed io ero preoccupata per quattro sciocchezze, lei è stata incantata da Neapolis, lei vuole fare l’università a Napoli, lei sogna un ragazzo napoletano, lei ha capito tutto! Stare in quella sorta di santuario è magia è vita, persino Maradona è vivo e nessuno lo piange tutti lo considerano vivo, immortale.

Napoli rende tutti immortali, Napoli non piange i suoi idoli, li fa vivere, li tiene in vita e li trasforma in qualcosa che diventa eterno.  Un bagno di allegria, e guai ad essere stonati a Napoli anche le campane suonano melodie straordinarie, dopo un’ora surreale, in cima ai Quartieri Spagnoli, tra palazzi moderni non proprio belli, siamo come su una nuvola, siamo sul pianeta Maradona, siamo fuori dal tempo ma andiamo tutti a tempo, il ritmo del ventre di Napoli. Mia figlia non andrebbe mai via ma la strada ormai la conosciamo, scendiamo dal santuario poi prima a destra seconda rampa di scale a sinistra e poi a sinistra e prima scalinata a sinistra e siamo nella piazzetta dove ci sono le sagome della squadra e dove un bar è nato da poco, all’angolo un carretto con pizza fritta e alberi a fare atmosfera, una vecchia chiesa e i ragazzi del bar che hanno gli occhi come olive nere e hanno recuperato il loro quartiere con grande determinazione. Lou adora questo posto e se poi ci sono i trapper ed i rapper impazzisce, ma oggi ci dobbiamo accontentare di un intruglio buonissimo analcolico, fatto con limonata e fragola e i classici salatini. Il suo sguardo vaga tra i turisti e i locali, e mi dice “Mamma io qui mi sento bene, mamma è il mio posto” …chi l’avrebbe mai detto ma cosa fare se non essere felicissima.

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Napoli entra nelle vene e la domenica in coda per vedere la partita a Piazza Plebiscito, il sole, il caldo, l’incertezza e l’emozione non cambiano i suoi sentimenti. Sette ore in piedi per festeggiare…è il pomeriggio della vittoria, tutti insieme, nessuna parola di troppo, una civiltà sorprendente. Tutti vicini, l’azzurro come unico colore, facce truccate di azzurro e tricolore, bandiere piccole, grandi e medie, trombette e ogni tipo di cappelli e ornamenti. Siamo un unico popolo, siamo la gioia, siamo un’immensa famiglia, ordinata, rispettosa e civilissima. E gli unici con le bottiglie di vetro sono i turisti del nord Europa che oltre a non capire nulla, si sentono autorizzati a non rispettare le regole, che invece quasi tutti abbiamo rispettato. Fila per entrare e poi un’attesa eterna perché Dazn ha concesso solo il secondo tempo…la vista è un incanto Palazzo Reale alle spalle, i Palazzi storici del Pallonetto a sinistra, uno spicchio di Vesuvio nell’angolo, la Prefettura a destra con il Caffè Gambrinus e poi sulla collina Castel Sant’Elmo e la Certosa di San Martino che si ergono a custodi della città. Siamo riuscite a trovare posto sotto lo schermo del settore lato mare e vediamo benissimo, ma come tutti decidiamo nell’attesa di sederci usando le bandiere come parei e così ho la conferma che la piazza è inclinata e vai con gli addominali che non ho. Il secondo tempo inizia, boati per la Leotta ma io il mio apprezzamento lo ho riservato al dopo partita con Stefano De martino. Una partita in piedi, con internet che non funzionava più e di nuovo e sempre cori, canzoni e salti e tanta voglia di vittoria e di goal.

Rigore di Osimhen e allora la piazza diventa tutta azzurra, il boato è impressionante e la felicità e l’energia sono sconvolgenti, ma non ci basta vogliamo vincere come si deve e così secondo goal e allora non si capisce più nulla baci, abbracci, e ognuno pensa a mandare video, messaggi e c’è chi ha il coraggio anche di telefonare. Siamo Campioni di Italia!! Migliore attaccante, miglior giocatore, migliore difesa ed un allenatore commovente, la squadra è davvero una squadra unita, umile, fatta di giovani, che parla mille lingue, una squadra che è stata sostenuta non solo da una città ma da un sentimento che ha pervaso altre città, in Italia, in Europa, nel Mondo, una squadra con un angelo custode speciale quel Diego Maradona che ha vissuto paradiso ed inferno in questa città. Io so che ho regalato un ricordo per la vita alla mia Lou, so che lo racconterà ai suoi figli e so che dovunque vivrà tornerà sempre qui per sentirsi a casa. Cala la notte e si continua a festeggiare ovunque e per chi come me per tornare a casa ha la fortuna di fare il lungomare, la bellezza e la brezza accompagnano la gioia. 

Ci sarebbero tanti grazie per tutto quello che è successo, ma io ringrazio tutte le forze dell’ordine che credo abbiano temuto e non poco, tutti i ragazzi della sicurezza, al Prefetto ed al Sindaco Gaetano Manfredi, a cui mi lega un antico affetto, per aver creduto nella civiltà di questa città e dei suoi ospiti, non credo fosse una scommessa vinta in partenza e il grazie va a noi gente comune che abbiamo saputo goderci una grande festa!!! Un grazie va al Presidente De Laurentis, che con lucidità magari senza empatia e senza tanti sorrisi ha dato a questa squadra la giusta mentalità e determinazione per vincere, alla gioia ed al coinvolgimento abbiamo pensato noi!

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A chi dice ma quanto festeggiate, io rispondo che festeggeremo sempre perché la vita va sempre festeggiata, a chi non capisce non spiegherò nulla, a chi lo dirà per invidia gli diro andate a Napoli e poi ne parliamo. Mi piace chiudere con un commento che ha fatto Luciano Spalletti, al microfono subito dopo la partita dallo stadio Maradona: “Mi sembra di essere in un cuore che pulsa”.

Io ho capito che il mio legame con Napoli è speciale, perché mio padre mi ha insegnato ad amare la vita senza limiti, ed “ A Napoli non si muore mai”!

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