Le cattiverie sui rapporti tra Benedetto XVI e papa Francesco e il ruolo di padre George
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Le cattiverie sui rapporti tra Benedetto XVI e papa Francesco e il ruolo di padre George

Sconcertante, non senza un filo di sottile cattiveria, se la fonte maggiore di questa sorprendente  uscita era riconducibile al segretario di papa Benedetto.

Le cattiverie sui rapporti tra Benedetto XVI e papa Francesco e il ruolo di padre George
Padre George, Benedetto XVI e papa Francsco
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Nuccio Fava Modifica articolo

9 Gennaio 2023 - 12.57


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La mattinata si presentava grigia e con una forte nebbia che sembrava non volere abbandonare neppure la copertura degli alti pini che oscuravano tutta la valle. Ma forse più della nebbia provavo sconcerto e tristezza, come definirli diversamente, per l’emergere di critiche e cattiverie sui rapporti tra il papa emerito e papa Francesco dovute sicuramente a naturale diversità di carattere e sensibilità rese più inevitabili in presenza di un evento così straordinario come le dimissioni.

Diversità e sensibilità differenti che sono da sempre esistite ed esistono tutt’ora all’interno della chiesa fin dai tempi degli apostoli. 

Oltretutto sconcertante alludere a superate questioni che non hanno comunque impedito una serena convivenza e, forse anche consultazione e in ogni caso scambio di valutazioni e giudizi. Tanto più sconcertante , non senza un filo di sottile cattiveria, se la fonte maggiore di questa sorprendente  uscita era riconducibile al segretario di papa Benedetto.

Del resto certe bramosie di protagonismo, di ricerca della notorietà sino a comportamenti e scelte di cui non si comprende forse del tutto la portata e l’importanza, si diffondono non solo nel mondo dello spettacolo e dello sport, tra cantanti e divi del cinema, ma addirittura nelle famiglie regnanti, esemplare per tutti il travaglio nella casa reale inglese. Forse tuttavia un comportamento più sereno e riflessivo sarebbe doveroso da parte di eminenti ecclesiastici specie in coincidenza con le modalità e le accoglienze promosse e riservate da papa Francesco e da tutta la chiesa universale di fronte alla morte di Benedetto XVI. Né può ridursi a mero incidente di percorso lo sgarbo compiuto non solo nei confronti di papa Francesco ma anche  quella enorme colonna di fedeli non solo italiani ma anche stranieri provenienti da differenti paesi che hanno voluto partecipare in modo così significativo a tutti i riti rivolti alla figura, all’agonia e alle celebrazioni in San Pietro con il grido finale: Santo subito.    

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In macchina dopo che la nebbia ha incominciato a diradarsi ho proseguito la mia mattinata dalla Tuscia verso gli Appennini tosco-romagnoli in direzione di Camaldoli. Dovevo incontrare un vecchio compagno di scuola e di pallacanestro scomparso quasi improvvisamente dalla nostra città. A lungo non abbiamo avuto sue notizie fino al giorno in cui mi giunse una sua cartolina di auguri per  il Natale ed il mio compleanno. Proveniva da Cuba; il caro amico si era rifugiato alla ricerca di un mondo nuovo e certo affascinato dal mito di Fidel. Era però solo un tratto di strada perché un nuovo segnale mi giunse attraverso un comune amico fiorentino che lo aveva incontrato a Camaldoli ed era anche il luogo dove mi stavo dirigendo per incontrarlo dopo tanto tempo.

Ci siamo abbracciati , commossi entrambi. E’ stata per entrambi credo una emozione  molto forte. L’incontro è stato abbastanza breve. Indimenticabile comunque dopo che mi ha accompagnato alla macchina per fare ritorno a casa il suo saluto essenziale : “la meditazione nella cella del monaco non è allontanamento o distanza dai problemi del mondo o lontananza dagli altri uomini. La cosa più importante resta la preghiera per la pace ed il continuo ricordo delle difficoltà e delle angustie di tutto il genere umano”.

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