Il fenomeno di esserci eppure non esserci, dell’impegno che si trasforma in un click, in un like in un emoticon, ormai siamo convinti che questo sia l’impegno e che con questo le coscienze siano in pace. Ma non è proprio così, i leoni da tastiera sono uno dei mali di questa assurda società, di questo mondo che finge di esserci attraverso un cellulare oppure un pc, insomma ho visto, ho messo like va tutto bene. Ma carissimi voi così non va e non va perché vi fermate al titolo di un post alla prima riga alla foto e poi vai con gli emoticon o con commenti molto standard. Tutto viene affrontato così e non è solo dai giovani, che anzi sono più profondi e più attenti a ciò che vedono sui social, più pratici nell’usurarli e più inclini a guardare tutto a non tralasciare i dettagli di un post o di un video.
Sapete perché ho sentito il bisogno di manifestare questo fastidio? Perché in questi giorni in molte piazze italiane, ed anche a Roma si svolgono cortei di solidarietà alle donne iraniane, vittime di omicidi e di violenze per il solo fatto di essere scese in piazza o per un ciuffo di capelli messo non in maniera “corretta” sotto il velo.
Mi addolora moltissimo quello che sta accadendo, ho vissuto otto anni in Iran, amo il paese e il suo popolo, ho vissuto sentendomi a casa, mi hanno dato amicizia, calore, simpatia e soprattutto le donne iraniane, belle forse tra le più belle al mondo, mi hanno insegnato cosa è la femminilità, il fascino e la determinazione.
Mi sento molto coinvolta, ho tanti amici e amiche, ho ricordi importanti per la mia famiglia e la mia vita e come racconto a molti l’abbraccio dei miei amici e conoscenti iraniani quando è morto mio padre è stato incredibile. Ho trovato una casa piena di fiori bianchi, dolci e ogni prelibatezza locale, ho ricevuto dei regali simbolici che mi hanno commosso e mi hanno aiutata a superare un momento terrificante. Un grande artista, che crea meravigliosi melograni di ceramica, mi ha regalato un melograno oro con il nome di mio padre e la data della sua scomparsa e con le lacrime agli occhi è venuto a portarmelo a casa, io che di melograni in Iran ne ho fatto un culto.
Io in piazza a Roma c’ero sotto l’Altare della Patria, c’ero quando hanno cantato “Bella Ciao”. Avrei voluto solo dire che va tutto bene, che il mio Iran, come amo definirlo è bellissimo, ma non posso più dirlo perché tanti ragazzi e ragazze stanno morendo. Ma proprio stamattina mentre con un caro amico e compagno socialista ci raccontavamo di un paese che ci ha incantato, anche per la sua grande umanità, mi sono guardata intorno c’erano tanti studenti e studentesse iraniane, ragazzi e giovani donne, la comunità persiana che da anni vive a Roma fatta di generazioni diverse, anche i meno giovani scappati delusi poco dopo aver creduto alla Rivoluzione. Ma dove sono, mi sono domandata i soloni che da settimane e soprattutto negli ultimi giorni mi inviano video e immagini di solidarietà, dove sono le tante persone che mi chiedono che ne pensi? Hai notizie? Cosa si può fare? E dove sono quelle donne e quegli uomini eletti e non che tra poco o in passato hanno abitato il nostro Parlamento. Certo senza bandiere, certo senza sigle ma come comuni cittadini che fanno parte di questo universo impazzito, dove eravate l’altro giorno? Potevate passeggiare per i Fori e dare con la vostra presenza un segno.
Persino in Afghanistan le donne hanno rischiato la vita per protestare per dare una testimonianza. Non avrei mai pensato di scrivere queste cose ma non costava nulla esserci. E allora mentre con l’amico di sempre lascio la piazza per un’affollatissima Via del Corso mi spiego perché i diritti sono in crisi, perché la sinistra parla di cose astratte e fa la politica del contro invece che del per, perché mi chiede “scegli” e invece non sceglie e lascia che gli spazi di scontento e di voci inascoltate diventino elettori di destra. Perché la sinistra a cui vorrei appartenere ha messo la giacca blu ed ha dimenticato la sua missione?
Mi incammino con mia figlia ha quasi sedici anni, partecipa al Collettivo della sua scuola e mi dice mamma oggi non ho potuto partecipare con te, ma il sabato vado a scuola, perché non le fanno di pomeriggio? Per fortuna è lei il mio futuro, è lei che da sempre partecipa ai Friday for Future e che mi ha chiesto di accompagnarla per capire e vedere e con lei che mi sono stesa per terra a Piazza del Popolo prima del Covid per seguire Greta, è per lei, per fortuna, che mi piace essere chiamata “gretina” ed è per lei che non lo considero un’offesa come invece è. A lei voglio regalare la mia passione per l’esserci, a lei voglio dire che credere è fondamentale.
Chissà se mi piacerà l’Italia che verrà, sarò vigile e pronta a difendere ciò in cui credo ma non lo farò solo dal cellulare e attraverso i social, lo farò con la mia faccia, la mia voce e i miei colori.
“ La libertà è partecipazione” Giorgio Gaber