Ieri a Mosca c’è stata un’adunata di massa in uno stadio cittadino, con Putin. Lo slogan scritto a caratteri cubitali sul palco era “fino alla vittoria”. L’adunata è stata voluta dal Presidente nel giorno dell’anniversario dell’annessione alla Russia della Crimea per assicurarne il successo da trasmettere nelle casi di tutti i russi sono stati portati d’ufficio tutti i dipendenti pubblici, con autobus statali. Ma Putin ha citato anche un’altro anniversario che ha definito molto importante, quelle del generale Fyodor Ushakov, leggendario comandante della marina militare russa che si racconta non abbia mai perso una battaglia. Altre due cose sono importanti di lui: è stato dichiarato santo dal patriarcato di Mosca e usava sterminare i nemici dopo aver vinto la battaglia.
Poco prima di citarlo, dicendo che l’incontro avveniva nel suo nome, nella sua memoria, Putin ha citato una frase del Vangelo secondo Matteo. Prima ancora di analizzarla abbiamo già gli elementi per trarre una conclusione; il cristianesimo per Putin conta, è chiaramente l’ideologia della massa che lui vuole nazionalizzare. Questa nazionalizzazione delle masse è il meccanismo usato dai totalitarismi del XX secolo per attirare a sé le masse tramite un’ideologia che si riconoscesse in tradizioni già radicate.
Dunque il cristianesimo è la tradizione sulla quale Putin costruisce la nazionalizzazione dei russi. Ma come può riuscire in questa impresa? Come può una religione basata sull’amore per l’altro diventare un’ideologia nazionalista e di potenza? La citazione di Ushakov non bastava, serviva andare alle fonti! E Putin lo ha fatto, citando queste parole del Vangelo secondo Giovanni: “nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per i propri amici”. Qui é sin troppo evidente che chi dà la vita sono i soldati e gli amici per cui la loro danno sono i commilitoni e i connazionali. Putin lo ha detto, ricordando che i soldati si sacrificano l’uno per l’altro e combattono per la nostra vittoria.
Ora, prima di procedere, dobbiamo capire lo stravolgimento concettuale operato da Putin, il capovolgimento del cristianesimo nell’opposto da se stesso che lui ha operato con questa citazione finalizzata a cristianizzare la sua nazionalizzazione delle masse. Per riuscirci dobbiamo leggere il brano evangelico da cui questa citazione è tratta. Eccolo: “Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”.
Cristo è capovolto, anche l’amicizia è capovolta: vi chiamo amici non perché apparteniamo alla stessa tribù ma perché vi ho fatto conoscere tutto ciò che ho udito dal Padre. Qui siamo alla de-nazionalizzazione, che infatti porta a un concetto chiaro: amatevi gli uni gli altri, non certo nei confini etnici, c’è la scelta non l’origine etnica alla base della chiamata di Cristo.
Dunque Putin trasforma il cristianesimo in un’antica tradizione, come il mangiare gli spaghetti quale pietanza di prima portata, o suonare la cornamusa nel giorno di festa, magari indossando un gonnellino, per nazionalizzare la sua massa, legarla a sé e alla sua guerra. In questo lo soccorre il patriarcato che ha fatto santo un abile e spietato generale, perché vinceva sul campo di battaglia.
Ma non basta, non può bastare, questo appello al sacrificio fisico dei militi per la patria, per la massa nazionalizzata mi ha fatto ricordare quel che ha detto una religiosa siriana, suor Yola Gyrges riguardo alla guerra combattuta nel suo Paese con il decisivo sostegno di Putin da Assad. In un’intervista pubblicata in Italia ha affermato: “Assad, il popolo e l’esercito sono la nostra Santa Trinità”. Ecco le sue parole testuali: “So che può sembrarvi incredibile, sarà difficile che tu lo possa scrivere. Ma per noi, il presidente Assad, il popolo siriano e l’esercito governativo sono la Santissima Trinità della Siria”. ( per chi fosse interessato ecco il link)
Queste parole sono di capitale importanza per capire quel che ha inteso fare ieri Putin. Il disegno totalitario è definito: il presidente, il popolo, l’esercito: la fede è diventata una tradizione sulla quale si costruisce la nazionalizzazione delle masse. Il cristianesimo infatti non è nei propri comportamenti, in quel che si fa, ma nella propria appartenenza a un gruppo che si definisce “cristiano”.
Ma anche questa lettura non basta, o per meglio dire a me non è bastata. Perché noi sappiamo che questa adunata serviva a parlare a un popolo, quello russo, che è scosso da un fortissimo dissenso interno. Questo dissenso interno Putin mira a sradicarlo, perseguitandolo. Ma sa che non può bastare la violenza contro chi ha una fede o un convincimento culturale diversi da quelli che lui vuole diffondere. Per questo parla di sacrificio, dell’importanza del sacrificio. Molti affermano che per tutte le propagande le salme dei soldati che ritornano a casa sono un problema, e lo sono certamente. Ma Putin, mentre con una mano probabilmente le nasconde, dall’altra cita il loro sacrificio, non lo nega come accade sempre con gli apparati propagandistici. Non è strano questo? No, non è strano. Quei morti non vanno ostentati, certamente, ma la massa deve sapere che ci sono, perché nella sua cultura, che non ha nulla a che fare con il cristianesimo, Putin sa che nei popoli primitivi, che abitano ancora nel nostro profondo, i sacrifici rituali servivano a placare le violenze intestine, impedire lo scoppio dei conflitti interni.