Calcio, arbitri e violenza: un trend che va invertito al più presto

Le aggressioni al direttore di gara hanno conseguenze che vanno oltre il campo di gioco e per arginare questa deriva è fondamentale un impegno congiunto delle istituzioni sportive, delle scuole e anche delle famiglie.

Calcio, arbitri e violenza: un trend che va invertito al più presto
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16 Dicembre 2024 - 14.38 Culture


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di Gabriele Bisconti

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“E’ colpa sua se abbiamo perso la partita!”. Tutti almeno una volta abbiamo sentito uscire questa frase dalla bocca di qualcuno. Ma adesso, oltre alla presunta colpa dei direttori di gara per sconfitte o soggettivi torti subiti, si è fatto sempre più frequente il ricorso alla violenza. Nel mondo del pallone si stanno moltiplicando i casi di aggressioni nei confronti degli arbitri.

L’ultimo dei casi di violenza nei confronti dei “fischietti”, che ormai avvengono sempre più frequentemente da almeno 5-6 anni, si è verificato due settimane fa a Messina, dove un arbitro di appena 16 anni, al termine della partita degli Allievi provinciali under 17 Trinacria- Riviera Nord, è stato colpito con un violento schiaffo dal padre di un calciatore della squadra ospite.

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Infatti, è proprio nelle categorie inferiori e giovanili che si verificano le maggiori azioni violente nei confronti degli uomini e delle donne con il fischietto nel taschino. In particolare, a tal proposito, ha fatto scalpore anche l’episodio datato 29 novembre avvenuto su un campo di Terza categoria, con protagonista il signor Edoardo Cavalleri, arbitro 33enne di Civitavecchia di professione fisioterapista, che ha riportato l’infrazione del capitello radiale del gomito sinistro a seguito di un’aggressione da parte di un calciatore.

In seguito al sopracitato ennesimo atto violento nei confronti dei direttori di gara, l’Aia (Associazione Italiana Arbitri), nel weekend del 7-8 dicembre, ha deciso di sospendere le designazioni per tutte le partite in programma nel calcio dilettantistico del Lazio dalla categoria dell’Eccellenza a quella dell’Under 14. Un gesto forte per provare a ridurre questi atti incivili che ogni fine settimana trasformano le partite di calcio in delle vere e proprie “battaglie” che con lo sport non hanno nulla a che vedere.

Quest’anno sono stati 195 gli episodi di violenza registrati a fine novembre, con 61 giorni di prognosi in totale e una quindicina di casi gravi. Lo ha riferito Carlo Pacifici, presidente dell’AIA, che ha tuonato: ” La violenza sugli arbitri è un fenomeno che deve far sentire coinvolti tutti gli attori del calcio e dello sport in generale. La recente aggressione, subita da un arbitro in una partita di Terza Categoria laziale, rappresenta solo l’ultimo caso di un trend preoccupante che necessita una profonda riflessione anche da parte delle Istituzioni con atti formali. La violenza non è mai giustificabile e deve essere combattuta da tutti“.

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Il numero uno dell’Aia ha tenuto a precisare quanto non siano più sufficienti le condanne morali e quanto siano invece necessari gesti forti e concreti per debellare questo fenomeno sinonimo di odio e violenza chiedendo un’azione di coinvolgimento da parte dell’intera società. Non è certo un fenomeno nato oggi ma l’arbitro, rispetto al passato, sembra aver perso il suo status di persona “intoccabile” in quel ruolo complicato ma indispensabile affinché il gioco del calcio, specialmente nei campionati minori e giovanili, possa mantenere anche l’importante funzione educativa.

La violenza sugli arbitri ha conseguenze che vanno oltre il campo di gioco. Da un lato, crea un clima di sfiducia e paura, scoraggiando la partecipazione di nuovi arbitri, indispensabili per il funzionamento del sistema calcistico. Dall’altro, perpetua una cultura di intolleranza e prepotenza che si riflette negativamente sulla società. I genitori e i giovani spettatori, assistendo a comportamenti aggressivi e antisportivi, rischiano di assorbirne i modelli, favorendo la normalizzazione della violenza come risposta a conflitti o insoddisfazioni.

Per arginare questa deriva è fondamentale un impegno congiunto delle istituzioni sportive, delle scuole e delle famiglie. Servono campagne di sensibilizzazione che promuovano i valori del rispetto e della lealtà, oltre a misure disciplinari più severe per chi si rende protagonista di atti violenti. La formazione degli allenatori, dei dirigenti e persino degli spettatori può contribuire a creare un ambiente sportivo sano e rispettoso.

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In un momento storico in cui lo sport è considerato un veicolo di educazione e integrazione, è inaccettabile che gli arbitri, garanti del rispetto delle regole, diventino bersagli di comportamenti incivili. Restituire dignità e sicurezza al loro ruolo è una responsabilità collettiva che non può più essere rimandata.

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