C’è anche un nuovo cratere tra i protagonisti delle sorprendenti immagini di Mercurio ottenute dalla sonda BepiColombo durante il suo terzo vis-à-vis con il pianeta.
Frutto della collaborazione tra Esa e Jaxa e con l’importante contributo italiano, BepiColombo si è avvicinato a Mercurio lo scorso 19 giugno alle 21:34 ora italiana, in quello che è il terzo flyby sui sei complessivi previsti dalla missione attorno al proprio obiettivo.
Lanciata nel 2018, la sonda ha realizzato i primi due flyby di Mercurio nel 2021 e 2022, mentre il prossimo è previsto nel settembre del 2024. Complessivamente la missione effettuerà 9 manovre di assistenza gravitazionale attorno alla Terra, Venere e Mercurio prima di poter entrare in orbita di quest’ultimo nel 2025.
Questo terzo flyby ha portato la sonda fino a circa 236 km sopra la superficie di Mercurio. Nonostante la manovra sia avvenuta sul lato notturno del pianeta, interessanti caratteristiche geologiche della sua superficie hanno iniziato ad apparire dall’ombra circa 12 minuti dopo il punto di massimo avvicinamento, quando BepiColombo era distante già 1800 km.
La telecamera di monitoraggio 3 a bordo della sonda ha scattato questa fotografia a a circa 2536 km dalla superficie del pianeta. Nonostante la natura scura dell’immagine, si intravedono le prime caratteristiche di Mercurio: di particolare interesse è Beagle Rupes, una scarpata lunga 600 km che serpeggia sulla superficie. Questa è una delle tante cicatrici di Mercurio, caratteristiche tettoniche che probabilmente si sono formate in seguito al raffreddamento e alla contrazione del pianeta, che hanno fatto sì che la sua superficie diventasse rugosa come una mela che si secca.
«Questa è una regione incredibile per studiare la storia tettonica di Mercurio – afferma Valentina Galluzzi dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) – La complessa interazione tra queste scarpate ci mostra che il raffreddamento e la contrazione del pianeta hanno provocato lo scivolamento della crosta superficiale, creando una serie di curiose caratteristiche che seguiremo più in dettaglio una volta in orbita».
Oltre a Beagle Rupes, nell’immagine si vede che la scarpata taglia un caratteristico cratere allungato chiamato Sveinsdóttir, che probabilmente ha preso la sua forma da un corpo impattante che ha colpito la superficie di Mercurio ad angolo.
All’estrema destra dell’immagine è visibile anche un nuovo cratere d’impatto chiamato Manley, in onore dell’artista giamaicana Edna Manley, pochi giorni prima del flyby di BepiColmbo.
Il cratere, largo 218 km, presenta al suo interno un picco-anello circolare di materiale largo 120 km, risultato del processo di formazione del cratere.
«Sarà chiaramente di interesse per gli scienziati di BepiColombo in futuro perché ha scavato materiale scuro a bassa riflettanza che potrebbe essere un residuo della prima crosta ricca di carbonio di Mercurio. Inoltre, il pavimento del bacino al suo interno è stato inondato da lava liscia, a dimostrazione della prolungata storia di attività vulcanica di Mercurio», afferma David Rothery membro del team di imaging di BepiColombo.
Una volta in orbita, Bepi Colombo esplorerà ulteriormente la natura del materiale scuro associato al cratere Manley.
Le caratteristiche geologiche di Mercurio sono definitivamente emerse sotto un’illuminazione ottimale solo 20 minuti dopo l’avvicinamento di BepiColombo, ossia quando la sonda era a circa 3500 km e oltre dalla superficie del pianeta.
Tra questi scatti più distanti vi è la fotografia della telecamera di monitoraggio 3 scattata 22 minuti dopo l’avvicinamento a 4000 km dalla superficie del pianeta. L’immagine fornisce una delle più ampie vedute del globo di Mercurio viste durante questo terzo flyby, mostrando la superficie antica e pesantemente craterizzata del pianeta, con striature più luminose che partono dai crateri più giovani.
Il bacino relativamente giovane di Raditladi, largo 258 km, è visibile tra l’antenna ad alto guadagno del Mercury Planetary Orbiter e la parte superiore dell’immagine. Mercury Planetary Orbiter è una dei due orbiter che compongono la sonda BepiColombo che oltre all’antenna europea, vede a bordo il giapponese Mercury Magnetospheric Orbiter.
BepiColombo vanta una importante presenza dell’Italia che, grazie al supporto e gestione dell’Agenzia Spaziale Italiana in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e la Sapienza Università di Roma, ha realizzato con l’industria nazionale 4 dei 16 strumenti ed esperimenti a bordo.
Immagine in evidenza e nell’articolo: gli scatti realizzati dalla sonda BepiColombo nel suo terzo flyby di Mercurio. Crediti: Esa / Jaxa.