L’intelligenza artificiale sta apportando significativi benefici alle attività spaziali, tra cui l’autonomia dei robot, l’ottimizzazione delle traiettorie interplanetarie e una maggiore capacità di elaborazione dei dati per garantire l’interoperabilità tra diverse strumentazioni e missioni. Questo periodo di innovazione testimonia come la tecnologia intelligente stia espandendosi in modo trasversale, partendo dai centri di controllo terrestri fino ad arrivare allo spazio profondo a bordo di nanosatelliti, transitando attraverso l’orbita terrestre.
Cosa sia l’intelligenza artificiale lo abbiamo chiesto a Lorenzo Bruzzone dell’Università di Trento.
«L’intelligenza artificiale è una tecnologia che si basa su metodologie che cercano di imitare il funzionamento del cervello. Quello che si fa è cercare di sviluppare architetture di tipo neurale che hanno l’obiettivo di andare a emulare il funzionamento delle reti neurali biologiche. L’idea è di svilupppare algoritmi che isano in grado di apprendere la soluzione di problemi già dati. Siamo nella condizione in cui sfruttiamo i vantaggi del cervello e i vantaggi legati alla capacità di elaborare molto velocemente i dati dei supercomputer. Il machine learning è stato sviluppato decenni fa, ora siamo nella condizione di andare a siluppare architetture neurali chiamate Deep Neural Networks che hanno la capacità di affrontare problemi più complessi sfruttando architetture di elaborazione molto sofisticate», afferma Bruzzone.
Uno dei problemi complessi che l’intelligenza artificiale può risolvere è la determinazione, con la massima precisione, delle traiettorie ottimali che le sonde interplanetarie potranno seguire nello spazio profondo.
«Quando ci spostiamo molto lontano nel sistema solare, nello spazio siamo nelle condizioni in cui non abbiamo il controllo diretto di quello che accade nello spacecraft, perché i tempi di comunicazione sono molto lunghi, avere tecnologie che ti permettano di prendere decisioni molto efficienti anche articolate in contesti complessi permette di affrontare manovre in maniera interattiva senza aver interazione con il ground segment che, specialmente nello spazio profondo, diventa difficile e certamente non realizzabile in tempo reale. L’intelligenza artificiale ci può anche aiutare nel livello di autonomia che uno spacecraft può raggiungere. Siamo nelle condizioni di poter prevedere una serie di attività che possono diventare autonome, gestite comunque da un algoritmo, da una tecnologia intelligente», afferma Bruzzone.
Condizione necessaria è portare l’autonomia a bordo dei satelliti. Questo verrà sperimentato nel progetto DeepNav di Asi che, simulando scenari di navigazione in prossimità di asteroidi, testerà tecniche di determinazione orbitale autonoma per piccoli satelliti attraverso osservazioni ottiche. Ne abbiamo parlato con Francesco Rossi di Aiko.
«È un progetto finanziato da Asi che ci vede come capofila di un consorzio insieme con il Politecnico di Milano e l’Università di Bologna proprio per caratterizzare un sottosistema software e hardware per la determinazione orbitale autonoma.
Utilizza tecniche di deep learning per mappare un oggetto verso cui ci si sta avvicinando, per riconoscerne la posizione relativa, ma per integrare questo livello intermedio informativo con elementi di navigazione. Noi stiamo anche andando nella direzione dello sviluppo di un autopilota, ovvero un playload integrato a bordo di un satellite o di qualsiasi unità che possa consentire in base alle diverse fasi della missione di svolgere più task come la determinazione orbitale, la mappatura, il riconoscimento di elementi caratterizzanti di una superficie, nel caso di atterraggio il riconoscimento di siti con minore o maggiore rischio», afferma Rossi.
Elaborare grandi quantità di dati in tempi stretti è il punto di forza dell’intelligenza artificiale, in grado di unire i dati forniti dai diversi strumenti di una sonda o da differenti missioni, permettendo così un’interazione tra sistemi e tecnologie finora indipendenti.
«L’intelligenza artificiale è capace di fare elaborazione multisorgente e multisensore ed è in grado di gestire questi dati in maniera molto efficiente. Quindi anche se abbiamo una grande quantità di dati, nel momento in cui hanno possibili correlazioni tramite metodologie basate sulle reti neurali artificiali, siamo nelle condizioni di sfruttare queste correlazioni e quindi generare mappe più precise che mettano insieme i dati acquisiti dai diversi strumenti del playload di una o più missioni. Questo è certamente un aspetto che svilupperemo di più e che probabilmente ci aiuterà ad estrarre più informazioni dai dati e magari a ottenere scoperte legate alle mappature di pianeti o lune», afferma Bruzzone.
Studiare le Lune di Giove sarà il compito della missione Juice di Esa, lanciata lo scorso 14 aprile. L’antenna Rime, tra i tre strumenti italiani sui 10 totali a bordo di Juice, vede il Professor Bruzzone come principal investigator.
«Molte delle cose che stiamo sviluppando nel science operations center che controllerà il nostro radar sono basate sull’intelligenza artificiale. Questo per andare a ottimizzare le opportunità di acquisizioni visto che una delle barriere che abbiamo nell’ambito della missione Juice destinata alla parte esterna del sistema Solare è legata alle risorse: noi potremmo acquisire dati ma visto che ci sono dieci strumenti dovremmo alternarne le acquisizioni. Capire quando acquisire per ottimizzare gli obiettivi scientifici è qualcosa che noi stiamo delegando ad algoritmi di intelligenza artificiale che imparano a capire cosa ci serve fare e poi identificano le opportunità migliori per andare a risolvere i problemi. Tutto questo lo utilizzeremo in maniera sistematica anche per quel che riguarda l’elaborazione dei dati gestita sfruttando in maniera rilevante l’intelligenza artificiale», afferma Bruzzone.
L’intelligenza artificiale sarà fondamentale anche per le missioni in orbita terrestre specialmente per quanto riguarda la manutenzione e la riparazione di tecnologie satellitari.
«Si parla di mandare in orbita veicoli, satelliti che abbiano la capacità di rifornire satelliti che hanno finito il propellente che sarebbero ancora in grado di operare o che hanno dei guasti. Mettere in orbita questi veicoli che interagiscano con questi satelliti è molto complicato, perché parliamo di satelliti che si muovono a 7 km al secondo e devono interagire con un altro veicolo. Tutte queste interazioni richiedono una capacità di prendere decisioni in real time che possono essere codificate da un algoritmo intelligente, che diventano difficili da gestire in un contesto alternativo», afferma Bruzzone.
Aumentare l’autonomia dei satelliti in orbita sarà l’obiettivo del progetto Future di Asi, sviluppato da Tyvak International, con la collaborazione di Aiko, Altec e Politecnico di Milano. Future mira a sviluppare una capacità di stima autonoma della posizione riducendo la dipendenza del satellite dal controllo a terra, il tutto sfruttando l’intelligenza artificiale.
«Qui entriamo in gioco con tecniche che siano in grado di riconoscere elementi costitutivi di porzioni inquadrate della Terra che possano essere funzionali a una ricollocazione, quindi immaginare come attraverso il dato visivo sia possibile realizzare compiti di tracciamento, come GNSS, come GPS o altri strumenti classici, spostando la responsabilità sul dato visivo; oppure immaginare come questa informazione possa complementare un’altra tipologia di dati in presenza di fattori di disturbo. Quindi, di nuovo in tal senso, immaginare che questa tecnologia possa essere sperimentata, tra l’altro all’interno del programma Alcor dove Future è inserito, per dimostrare e verificare la capacità di sistemi basati sul riconoscimento di immagini», afferma Rossi.
«L’intelligenza artificiale ricopre un ruolo fondamentale nelle missioni orbitali di Osservazione della Terra, sfruttata in numerosi ambiti applicativi: dall’agricoltura al monitoraggio degli eventi estremi e dei cambiamenti climatici. Uno degli aspetti fondamentali non è solo quello di vedere quale è lo stato di salute del pianeta, degli oceani o del suolo, ma la sfida è utilizzare tutti questi dati forniti dai diversi satelliti per riuscire a capire meglio come le diverse variabili influenzino i cambiamenti. E qui serve veramente una capacità di elaborazione che va molto oltre a quella che è la capacità che possiamo implementare senza l’impiego delle tecnologie dell’intelligenza artificiale. Ci aspettiamo che l’intelligenza artificiale ci permetta di arrivare a costruire quelle che chiamiamo gemello digitale della nostra terra e diventerà un testbed per riuscire a capire come le diverse variabili influenzano», afferma Bruzzone.
La nuova scienza dello spazio basato sulle tecnologie intelligenti è dunque già realtà e il suo sviluppo ci porterà in pochi anni a una nuova conoscenza del nostro Pianeta e di ciò che lo circonda.