"Pretty Woman": 35 anni di una favola controversa
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"Pretty Woman": 35 anni di una favola controversa

Il film continua a spopolare ogni volta che viene trasmesso, ma la rappresentazione della donna come oggetto di desiderio e la figura dell'uomo che la riscatta grazie alla sua ricchezza sono state spesso criticate.

"Pretty Woman": 35 anni di una favola controversa
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24 Marzo 2025 - 15.49 Culture


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Pretty Woman, il film che nel 1990 ha incantato milioni di spettatori in tutto il mondo, continua ad essere un punto di riferimento nel panorama cinematografico, nonostante i profondi cambiamenti della società e l’evoluzione dell’immagine della donna. Dopo 35 anni dalla sua uscita, la pellicola diretta da Garry Marshall è ancora amata dal grande pubblico, una conferma di quanto un certo tipo di cinema e di narrazione continui ad esercitare un fascino unico.

Il film continua a spopolare ogni volta che viene trasmesso in televisione o reso disponibile in streaming, nonostante le problematiche legate al suo messaggio e alla rappresentazione delle donne. La storia, che affonda le radici nella fiaba di Cenerentola, è costruita su una trama che si sviluppa attraverso i classici stereotipi della commedia romantica degli anni ’80: l’incontro tra un miliardario e una prostituta, la vita di una donna cambia solo grazie alla ricchezza e al potere dell’uomo.

In effetti, Pretty Woman non può essere separato dal contesto degli anni ’80, un decennio dominato dal consumismo e dal reaganismo, gli anni della pop culture segnati da una crescente popolarità della figura della donna come un corpo da possedere e da ammirare. Un periodo in cui l’emancipazione femminile si trovava in difficoltà, in un contesto sociale dove il denaro e il successo definivano il valore di una persona.

Il film nasce come una storia drammatica, con elementi di crimine e tossicodipendenza, ma sotto la guida della produttrice (proprio una donna!) Laura Ziskin e su indicazione di Jeffrey Katzenberg, all’epoca ai vertici della Disney, il progetto assume una direzione completamente diversa, virando verso una favola che avrebbe conquistato il cuore di un’intera generazione di spettatori.

La scelta di Richard Gere come protagonista maschile si rivelerà perfetta: l’attore, all’epoca uno dei più celebri sex symbol, era già noto per il suo ruolo nel film “American Gigolò” e rappresentava perfettamente il personaggio del miliardario edonista, simbolo degli anni ’80 e della figura dell’uomo d’affari senza scrupoli. Julia Roberts, nel ruolo della protagonista Vivian, invece, non era una star ancora molto conosciuta, ma nomi del calibro di Karen Allen, Meg Ryan e Michelle Pfeiffer rifiutarono la parte.

A livello produttivo, Pretty Woman risulta una storia alquanto prevedibile e stereotipata, contornata da un corteggiamento materialistico che porta Vivian ad avere un riscatto sì, ma attraverso i soldi di lui. Edward, uomo tanto affascinante quanto ipocrita, piano piano s’innamora ma contemporaneamente non perde occasione per ricordarle che la sua vita è degradante e che lui, in pratica, le sta facendo un favore.

Nonostante ciò, Pretty Woman riesce comunque a emergere grazie alla chimica straordinaria tra i due protagonisti, di fatto ad oggi ricordiamo solo il glamour e l’atmosfera sognante, il tutto accompagnato dalla mitica canzone di Roy Orbison. L’ambientazione, le scenografie, i costumi e la fotografia sono tutti elementi che elevano il film, trasformandolo in una riflessione sulle aspirazioni e le illusioni degli anni ’80.

Il film, che ha incassato quasi mezzo miliardo di dollari, è stato acclamato dalla critica, ma ha suscitato anche molte discussioni. La rappresentazione della donna come oggetto di desiderio e la figura dell’uomo che riscatta la protagonista grazie alla sua ricchezza sono state spesso criticate. Tuttavia, Pretty Woman ha anche creato uno stereotipo altrettanto ridicolo di maschio, riducendo Edward a una figura che trova valore solo nel suo status sociale e nelle sue risorse economiche, per il resto è un individuo detestabile e insensibile.

A 35 anni dalla sua uscita, Pretty Woman rimane un esempio di come, nonostante i difetti evidenti, alcuni film possano entrare nell’immaginario collettivo e rimanere intramontabili. Il film ha ispirato numerosi altri successi, da “Sex and the City” a “Emily in Paris”. Alla fine, il film ci insegna che, anche nel cinema più retrogrado, può nascere un mito. Basta avvolgere il tutto con un po’ di zucchero e convincere il pubblico femminile che la cosa migliore di un uomo è il suo conto in banca, mentre per l’uomo la donna ideale è quella che può essere dominata a piacere. Un messaggio che, per quanto problematico, continua a esercitare un fascino irresistibile, a dispetto del passare del tempo.

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