di Giannina Sani
La Sala Storica della Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena, con i suoi meravigliosi libri impalcati nelle scaffalature in legno fino al soffitto, è stata scenario ideale per la presentazione di un libro che tratta di saperi e di innovazione. Perché la cultura è un filo che non si interrompe di epoca in epoca. Così, tra quei libri antichi e l’intelligenza artificiale, c’è una sorta di ideale staffetta. E proprio di IA tratta “Il potere delle macchine sapienti – Intelligenza artificiale, informazione, democrazia”, (primamedia editore) di cui è autore Daniele Magrini. Di fronte ad una platea davvero folta e partecipe, ne hanno parlato Maurizio Boldrini, docente dell’Università di Siena, Giovanna Maria Dimitri ricercatrice del Lab AI dell’Università di Siena e dell’Università di Cambridge, Michele Mezza giornalista e docente dell’Università Federico II. Mezza è anche autore della postfazione del libro, intitolata “Il pensiero vocalizzato – Lettura e scrittura al tempo dell’intelligenza mobile”.
Giornalista professionista, laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Siena, Daniele Magrini è autore di inchieste e approfondimenti sugli effetti dell’innovazione tecnologica nell’informazione, approdati ad alcuni libri: “Sbatti il web in prima pagina” (Franco Angeli, 2002), “E’ l’algoritmo, bellezza! – Disintermediazione giornalistica, social media, egocrazia” (Effigi, 2020), “Il potere del virus” (Effigi,2021), “L’anno dell’intelligenza artificiale” (Primamedia, 2024).
Nell’attività giornalistica è stato direttore del quotidiano Corriere di Firenze, il portale intoscana.it e le emittenti Toscana Tv e Siena Tv. Ha iniziato al Nuovo Corriere Senese, che ha poi diretto per tre anni. Ha lavorato ai quotidiani Corriere di Siena e Corriere di Arezzo, quindi è passato alla Nazione, dove è rimasto 18 anni, prima a Siena, poi alla guida delle redazioni di Grosseto, Umbria, Pistoia e Prato. Ora, in pensione, collabora con il magazine online “Thedotcultura.it”. A Daniele Magrini abbiamo posto alcune domande.
Magrini, dopo “L’anno dell’intelligenza artificiale”, uscito a gennaio del 2024, è tornato sul tema dell’AI. Perché?
“Il libro dello scorso anno era una sorta di cronaca in diretta dell’avvento del primo modello di intelligenza artificiale generativa, ChatGPT, e di tutto quello che ne era seguito, in relazione soprattutto alla corsa alle regole. Questo libro, invece, è incentrato sulle relazioni tra AI e informazione, ormai evidenti e acclarati, e i conseguenti effetti rispetto alla tenuta della democrazia. Perché è evidente che quando un potere come quello dei colossi digitali è talmente immane da mettere in discussione l’autonomia degli Stati, esista un problema di salvaguardia della democrazia. Che tra l’altro giunge esausta a questo crocevia della storia: indebolita dall’astensionismo dilagante, dalla mancanza di leader di spessore, dall’esaurimento delle spinte valoriali”.
Quali i fatti di cui si è occupato nel suo libro, nell’ambito della relazione tra poteri digitali e democrazia?
È evidente che il libro esca in un momento cruciale delle relazioni tra intelligenza artificiale, informazione e democrazia. I fatti narrati in questa ricostruzione giornalistica sono di portata epocale. A cominciare dalla sintesi tra il potere digitale e quello politico rappresentata da Elon Musk, leader dei capitalisti dell’IA, che entra alla Casa Bianca, chiamato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, nel suo governo. E anche gli altri big dell’IA e dei social – ormai vettore privilegiato delle notizie -contribuiscono a questa inedita saldatura, basti vedere le somme elargite per l’insediamento di Trump e le mosse di allineamento al nuovo corso. Siamo di fronte a una vera e propria oligarchia, che si pone come nuovo artefice degli equilibri, o meglio degli squilibri, globali.
L’informazione che ruolo gioca, in questa transizione?
Come la democrazia, anche l’informazione arriva fiaccata alla sfida dell’AI, per via della disintermediazione giornalistica e della post-verità che ormai i social preferiscono alla verità oggettiva. È in questo quadro di preoccupazione per la libertà di stampa, che nella produzione giornalistica entrano sempre di più le “macchine sapienti” dell’intelligenza artificiale generativa. Di per sé strumenti utili al giornalista, se non prevarrà la propensione al risparmio degli editori, con la conseguenza di un’informazione più automatizzata e più precaria. Intanto, i grandi gruppi editoriali in cerca di risorse stanno cedendo il cuore dei propri giornali – gli archivi – alle big tech, per l’addestramento delle macchine di Gen AI. Mentre la competizione fra le grandi aziende tecnologiche si fa sempre più aspra, tanto da indurre alcuni programmatori degli algoritmi a lanciare un appello per la propria sicurezza.
Ma secondo lei i modelli di intelligenza artificiale generativa sono nemici dei giornalisti?
Lo spazio mediatico da anni non vede più il giornalista come perno. Dal momento in cui la simbiosi tra social e smartphone ha trasferito la definizione gerarchia delle notizie in capo agli algoritmi e non più ai giornalisti. Ci sono cinque miliardi di smartphone nel mondo ed è lì dentro che le persone cercano le notizie. Lo spazio redazionale, i giornalisti, sono relegati ai margini. Adesso, con l’IA, l’ecosistema mediatico cambierà ulteriormente. Se le automazioni nella produzione di contenuti informativi saranno circoscritte a modalità che tolgono da compiti ripetitivi e faticosi, i giornalisti, le macchine sapienti, saranno formidabili assistenti dei giornalisti. Come del resto succede, soprattutto nelle testate americane, sin dal fatidico 2014, quando Associated Press inserì i primi modelli di automazione, che consentirono ai giornalisti di produrre di più e con maggiore qualità negli approfondimenti”.
Nel suo libro racconta anche l’approdo di ChatGPT su WhatsApp. Non pare solo una questione tecnologica…
Non lo è. L’insediamento dell’IA nello smartphone apre una nuova relazione tra macchine sapienti e homo sapiens, sul piano della lettura e della scrittura: è il tema della postfazione di Michele Mezza, già giornalista Rai, ideatore di RaiNews24 e oggi docente di Sociologia Digitale all’Università Federico II di Napoli. La sensazione è che l’approdo di ChatGPT su WhatsApp, annunciato da OpenAI poco prima del Natale 2024, cambi non solo le modalità di informazione, ma le stesse abitudini del leggere e dello scrivere, per come sono evolute per secoli e secoli, giungendo adesso ad una mutazione tanto repentina quanto profonda.
Lei non manca di proporre temi etici e questioni di natura epocale, nel suo libro. Accanto ai fatti e ai dati, riporta molte opinioni e molti documenti. Qual i sono quelli che l’hanno più colpita?
Due documenti, dei quali mi sorprendo dei mancati approfondimenti mediatici. Il primo è Il Rapporto dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro nell’ambito degli studi prodotti in occasione del varo dell’AI ACT la prima legge mondiale sull’Intelligenza Artificiale. Cito solo questa frase: “Gli algoritmi sono utilizzati per sostituire gli esseri umani nel prendere decisioni che hanno un contenuto morale: la capacità degli individui di svolgere un ragionamento morale potrebbe atrofizzarsi». Mi sarei aspettato prima di tutto un’informazione diffusa su questo Rapporto e poi una valanga di commenti e approfondimenti. Il silenzio non mi è piaciuto, perché le tematiche contenute in quel Rapporto mettono in discussione nel profondo il ruolo dell’uomo nel rapporto con la tecnologia sempre più dominante.
Il secondo documento è contenuto negli atti di un convegno organizzato dall’industria pubblica Leonardo, all’avanguardia in tecnologie e produzione bellica. Il testo che ho inserito nel libro riguarda le nuove guerre all’insegna dell’intelligenza artificiale, e così recita: “Il controllo dello scenario geopolitico sarà appannaggio delle potenze che meglio avranno saputo trarre beneficio dall’applicazione delle tecnologie deep tech. L’hyperwar è il combattimento condotto sotto l’influenza e il supporto dell’IA, dove il processo decisionale umano è quasi del tutto assente. La dimensione umana della guerra sarà messa a dura prova in tale futuro ecosistema di iper-guerra”. E cioè, uscendo dal linguaggio asetticamente tecnico, nell’hyperwar, il combattimento condotto dall’Intelligenza artificiale potrebbe sostituire quel contributo umano in grado di apportare, pur nello scenario bellico, un discernimento di carattere etico. E anche questa mi sembra una questione dirompente. Soprattutto, nel momento in cui la necessitò della pace, vede l’Unione Europea spendere centinaia di miliardi in armamenti e l’Occidente frammentarsi, senza più equilibrio né discernimento”.
La seconda presentazione del libro di Magrini si terrà giovedì 20 marzo alle ore 18 al Libraccio, a Firenze, con la giornalista Teresa Rabotti, Marco Pratellesi giornalista esperto di media digitali e Carlo Sorrentino, docente dell’Università di Firenze.