Twin Peaks e il debito di immaginario
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Twin Peaks e il debito di immaginario

La serie uscì su Canale 5 a gennaio 1991 e col suo successo cambiò per sempre la televisione. David Linch, con il suo genio creativo cambiò il nostro rapporto con il telefilm, che oggi si chiama serie Tv

Twin Peaks e il debito di immaginario
Una scena di Twin Peacks
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redazione Modifica articolo

17 Gennaio 2025 - 20.02 Culture


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di Luisa Marini

David Lynch è morto, viva David Lynch. Il suo genio creativo ha cambiato per sempre il cinema e, con Twin Peaks, il nostro rapporto con il telefilm, che oggi si chiama serie tv. Molti adolescenti probabilmente non sanno che tutte le serie successive, da Lost in poi, devono a questa antesignana molto del loro immaginario (che a sua volta fu anticipata negli Stati Uniti da Peyton Place, che negli anni Sessanta già disegnava un ritratto non proprio felice della provincia americana).

Correva l’anno 1991. Fuori dai nostri confini era in corso un terremoto culturale e politico insieme: solo due anni prima era caduto il muro di Berlino, finiva l’edonismo reaganiano, scoppiava la guerra del Golfo, finiva l’Apartheid in Sudafrica. In Russia si scioglie l’URSS, le province russe dichiarano la loro indipendenza e Gorbaciov si dimette. Sul fronte delle telecomunicazioni, accadono due cose che cambiano completamente il futuro: parte il servizio di telefonia commerciale GSM e nasce il World Wide Web. Nella televisione italiana, la Fininvest con la legge Mammì del 1990 crea il duopolio con la Rai e trasmette il primo telegiornale in diretta in tutta Italia.

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La serie Twin Peaks esordì su Canale 5 il 9 gennaio, con il doppio episodio pilota, e tenne incollati ai teleschermi milioni di italiani fino al 20 febbraio. Perché? La serie di David Lynch fu dirompente per due motivi, uno più esteriore e uno più nascosto ma non meno importante, anzi.

Il primo riguarda la scelta di produzione, diversa rispetto ai programmi dell’epoca, frutto di una commistione tra generi: anzitutto il noir, ma anche il dramma, il fantastico, il thriller e thriller psicologico, poliziesco, horror, science fiction; l’atmosfera degli episodi, ad esempio, è sempre inquietante e spesso ha a che fare con il sovrannaturale. Inoltre, la scrittura incrocia l’uso di diversi toni stilistici, in primis ironia e grottesco, coerentemente con l’opera cinematografica dell’autore.

La messa in scena, poi, aveva trovate geniali, come l’uso deliberato, consapevole e sofisticato del kitsch e l’irrompere nelle puntate di personaggi assurdi e bizzarri (leggibile come una parodia delle soap opera anni Ottanta), che entrano in contatto con il personaggio principale, a sua volta un po’ strano, dell’agente dell’FBI Dale Cooper che indaga sulla morte di Laura Palmer. Anche l’ambientazione lascia spiazzati perché non è chiara. Quella temporale è riferita al 1989, ma lo spettatore ha di fronte a sé scenografie, costumi e musiche che richiamano gli anni Cinquanta. Infine, l’incrocio sangue & sesso è stato sempre considerato un mix esplosivo per il successo dai produttori, fin dal teatro inglese.

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La seconda ragione (last but not least, direbbero gli anglosassoni) è il fatto che la serie esplorasse qualcosa di inquietante, inconoscibile o, meglio, quell’oscurità che è presente in ognuno di noi. Dice Lynch emblematicamente in The Elephant man: “La gente ha paura di ciò che non riesce a capire”. Soprattutto, quel sentimento era percepito dagli adolescenti di allora come un misto di orrore e desiderio di perdita dell’innocenza, che andava in profondità sotto la pelle perbenista dell’America, paese immaginato attraverso i film come positivista e invece con i suoi scheletri nell’armadio.

E la protagonista di questa inquietudine era proprio la reginetta di bellezza del Liceo, personaggio che tutti vedevano come perfetto ma che nascondeva qualche segreto ambiguo. “È come se fossi immersa in un sogno bellissimo e allo stesso tempo in un terribile incubo” dice l’amica di Laura. Lynch era soprattutto intrigato da un certo tipo di femminilità controversa, attorno alla quale fa girare tutta la storia, qualcosa di sexy che affascinava molto noi ragazze.

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La musica di Angelo Badalamenti è l’indimenticabile colonna sonora di queste sensazioni, scritta insieme al regista; essa esprime perfettamente e richiama ancora oggi in modo preciso l’impressione che fece Twin Peaks a chi era di fronte alla tv quella sera.

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