La variante Omicron ha spazzato via le poche certezze che avevamo conquistato dopo oltre un anno e mezzo di pandemia. Questo ha comportato non solo un aumento esponenziale e mai visto dei contagi, ma impone ora un cambio di ottica sul futuro prossimo, data la presenza dei vaccini.
“La politica sanitaria” per contrastare il covid in Italia “deve basarsi sui protetti, non sui vaccinati. Ci sono persone che si sono infettate e sono protette. E ci sono persone vaccinate che non sono protette”. Il professor Andrea Crisanti reputa necessario un cambio di strategia per la gestione dell’emergenza covid.
“Credo che dopo il picco di contagi” ipotizzabile per la fine di gennaio “bisognerà fare un ragionamento sul livello di protezione della popolazione italiana. In Inghilterra ogni settimana fanno un monitoraggio sulla prevalenza di persone che hanno anticorpi: su 100 persone, 96 hanno anticorpi. O si sono vaccinate o si sono infettate” e sono guarite. “La politica sanitaria deve basarsi sui protetti, non sui vaccinati. Ci sono persone che si sono infettate e sono protette. E ci sono persone vaccinate che non sono protette”, dice in collegamento con Agorà.
In Italia, afferma, “non c’è stata tutta questa trasparenza. C’è stato detto che il green pass creava ambienti sicuri, è una bufala pazzesca e i casi lo dimostrano. C’è stato detto che serviva l’obbligo per gli over 50: un conto è stabilire l’obbligo per mettere il paese in futuro e un conto è obbligare 1 milione di non vaccinati per bloccare l’ondata in corso. Io sono sempre stato favorevole per l’obbligo vaccinale per tutti, ma avrei detto chiaro e tondo: ‘Facciamo l’obbligo vaccinale che è una cosa giusta, ma tenete presente che non avrà impatto sull’epidemia in corso perché il virus si moltiplica a livello esponenziale e ci vogliono mesi per vaccinare tutti’. Questa è trasparenza”.
L’esperto ribadisce il no ad una successione di dosi booster. “Non si può imporre a 50 milioni di persone di fare la quarta o la quinta vaccinazione, deve esserci una strategia. Non c’è un sistema sanitario in grado di sostenere poi lo sforzo di vaccinare 50 milioni di persone ogni 4 mesi”, afferma ancora.
“Questi vaccini -spiega- sono stati un contributo fenomenale per bloccare l’epidemia e consentirci di condurre una vita normale. I limiti mostrati da questi vaccini sottolineano l’urgenza di cambiare strategia a medio termine: bisogna investire e sviluppare vaccini che abbiano una durata maggiore, costino meno e abbiano una proprietà intellettuale che appartenga agli stati. Non possono esserci differenze tra i paesi come quelle attuali, che sono inaccettabili”.