La terza dose del vaccino protegge maggiormente dalla variante africana dopo due settimane dall’inoculazione. Sull’efficacia dei vaccini anti-Covid nei confronti della variante Omicron è emersa un’efficacia maggiore verso la malattia sintomatica due settimane dopo il booster, comparabile o leggermente inferiore a quella verso Delta.
Lo ha scritto l’Istituto superiore della Sanità nelle faq pubblicate sul sito sulla base dei dati, non esaustivi, arrivati finora da Sud Africa, Regno Unito, Danimarca. I test già in uso basati su Pcr rilevano l’infezione anche con Omicron. A causa delle mutazioni, perdono efficacia molti anticorpi monoclonali.
“Al momento – ha sottolinea l’Iss – ci sono ancora dati limitati che indicano una riduzione significativa nell’efficacia vaccinale contro la malattia sintomatica da Omicron rispetto a quella da Delta dopo due dosi di vaccino Pfizer o AstraZeneca”.
Scarsa efficacia dopo prima e seconda dose
Uno studio non ancora sottoposto a peer review riporta comunque una perdita di efficacia del ciclo primario (prima e seconda dose) rispetto all’ospedalizzazione, sebbene di livello minore rispetto alla malattia sintomatica. A rilevare l’infezione anche in presenza di Omicron sono i normali test già in uso basati su Pcr, quelli antigenici rapidi diretti che sono diretti verso la proteina nucleocapsidica e conservano la loro capacità diagnostica.
Meno efficaci molti anticorpi monoclonali
Quanto alle terapie, l’Iss ha spiegato che i corticosteroidi e gli antagonisti dell’IL6 rimangono efficaci nel trattamento dei pazienti gravi. Mentre alcuni studi osservano una perdita di efficacia di molti anticorpi monoclonali a causa delle mutazioni presenti nella variante Omicron.
Maggiore trasmissibilità
Da evidenze consistenti è emerso che Omicron ha una maggiore trasmissibilità rispetto alla variante Delta in Paesi con una documentata trasmissione di comunità, con un tempo di raddoppio di 2-3 giorni e che Omicron potrebbe diventare la variante predominante in poche settimane.
Dai primi dati minore il rischio ricovero
Intanto, i dati sulla gravità clinica dei pazienti infettati con Omicron sono ancora preliminari e suggeriscono una riduzione del rischio di ricovero per Omicron rispetto a Delta. Tuttavia il rischio di ricovero è solo uno degli aspetti della gravità della malattia: “Servono maggiori dati da diversi Paesi per capire come gli altri indicatori (l’uso di ossigeno, ventilazione meccanica o la mortalità) siano associati a questa variante nei casi severi.
Al momento non è ancora chiaro fino a che punto la riduzione osservata del rischio di ricovero possa essere attribuita all’immunità da infezioni precedenti o vaccini, o quanto Omicron possa essere meno virulenta. Comunque, ricorda l’Istituto superiore di sanità, tutte le varianti del Covid possono causare malattia grave o morte, in particolare nelle persone più vulnerabili per età o condizione fisica.
Le misure anti-Omicron restano le stesse
L’Iss raccomanda infine alla popolazione le strategie per ridurre la diffusione del virus: raggiungere i più alti tassi possibili di vaccinazione rimane l’arma principale per ridurre il rischio di trasmissioni di Covid e picchi significativi nei casi, oltre che per ridurre la probabilità che emergano nuove varianti. Le misure rimangono uguali anche per questa variante: mantenere una distanza di almeno un metro dagli altri, indossare la mascherina con particolare attenzione soprattutto negli ambienti chiusi o affollati, tossire o starnutire nel gomito o in un fazzoletto, frequente igiene delle mani, adeguata ventilazione negli ambienti chiusi. Se possibile, prenotare al più presto la dose booster o, se non si è vaccinati, l’appuntamento per la prima dose.
Argomenti: covid-19