I vaccini provocano l’emergenza di varianti resistenti? La risposta a questa domanda “non è semplicissima”, ha ammesso il virologo Roberto Burioni che offre su Twitter una piccola spiegazione sul comportamento dei virus, sulla base anche di quanto ha scritto su ‘Nature Medicine’ a marzo 2021 con il collega *Eric Topol* in relazione a Sars-CoV-2.
E suggerisce di guardare a quello che si può dire con certezza. E cioè che “per generare varianti il virus deve replicarsi infettando le persone.
A ogni persona infettata il virus fa un tiro di dadi che potrebbe andargli bene, generando una variante resistente al vaccino.
Quindi, in realtà, la strategia migliore che abbiamo per impedire a varianti virali resistenti al vaccino di emergere è vaccinare tutti quanti il prima possibile in modo da impedire al virus di replicarsi, e di provare a fregarci”.
Questa la conclusione di una riflessione che è partita però da più lontano. Lo spunto per affrontare il tema arriva al docente dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano dalla domanda di un amico. Ma si tratta di un argomento caldo in questi giorni, e spesso chiamato in causa anche da chi non vuole vaccinarsi.
Una premessa: “Fino al momento in cui scrivo queste righe – ha puntualizzato Burioni – una variante in grado di sfuggire al vaccino non è emersa, e nulla fa pensare che possa emergere, e se emergesse potrebbe essere meno patogena e/o meno contagiosa. Però, siccome prevedere il futuro non rientra tra i compiti di uno scienziato, di più non si può dire”.
L’esperto riavvolge il nastro fino alle origini e ha spiegato: “Un virus (lasciamo perdere come) passa da un animale all’uomo. Se succede nel mondo senza vaccini, comincia a mutare e le mutazioni che conferiscono un vantaggio (che tipicamente è costituito dalla maggiore contagiosità) cominciano a emergere e a prendere il sopravvento. A un certo punto il virus arriverà alla massima contagiosità, infetterà la maggior parte degli abitanti della Terra e poi darà periodiche ondate epidemiche infettando i nuovi nati, non immuni, quando avranno raggiunto un numero tale da sostenere una trasmissione virale intensa”.
Questo, ha osservato Burioni, “è accaduto per il morbillo, per la rosolia, per l’epatite A e per tanti altri virus: li abbiamo già trovati belli ed evoluti secoli (o millenni) dopo il loro passaggio all’uomo. Il coronavirus ha fatto esattamente la stessa cosa: nel marzo 2020 è comparsa una prima variante che ha preso velocemente il sopravvento, poi è arrivata la variante Alfa (inglese) che si trasmetteva di più ed è diventata quella dominante, ora c’è la Delta che è ancora più contagiosa di quella Alfa e sta velocemente prendendo il suo posto.
Come conseguenza, il virus attuale è molto diverso da quello che circolava l’anno scorso: il virus è immensamente più contagioso (teniamone conto quando pensiamo alla apertura delle scuole)”.
Ma cosa è successo a un certo punto? “E’ arrivato in tempo record e nel pieno della pandemia, per la prima volta nella storia dell’uomo, un vaccino molto efficace. A questo punto, la variante conveniente per il virus non è più solo quella che si diffonde di più, ma anche quella che riesce a infettare i già vaccinati. Una simile variante, in assenza di vaccino, non avrebbe alcun vantaggio e non emergerebbe mai.
Ma in presenza di vaccinati potrebbe emergere. Quindi, in un certo senso, è la vaccinazione a tappeto a creare le condizioni nelle quali un virus resistente potrebbe emergere. Però – avverte il virologo – non fate l’errore di considerare questo un effetto negativo dei vaccini: senza vaccini la variante non potrebbe emergere semplicemente perché troverebbe la strada libera verso il contagiare tutto il mondo”. In conclusione, “il vaccino è un ostacolo che il virus prova a superare con una variante. Ci riuscirà? Questo non possiamo saperlo”. Ma finora, ha ribadito, non ci è riuscito.
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