Importanti passi avanti nella ricerca per i vaccini.
La seconda dose del vaccino contro il Covid-19 di AstraZeneca non aumenta le possibilità di rari coaguli di sangue con piastrine basse, secondo uno studio pubblicato sulla rivista medica Lancet.
Secondo quanto scrive Alberto Berlini, i dati hanno rilevato che il tasso stimato di trombosi con sindrome da trombocitopenia (TTS) dopo la seconda dose del vaccino Vaxzevria (AstraZeneca) è di 2,3 per milione di inoculati, una percentuale paragonabile al tasso osservato in coloro che non sono stati vaccinati. Dopo la prima dose, invece, il medesimo tasso è pari a 8,1.
Lo studio ha evidenziato inoltre che, “indipendentemente dal vaccino utilizzato, l’aumento dei tassi di trombosi tra le persone contagiate è stato di gran lunga superiore a quello tra vaccinati.
Si apre quindi una breccia nella “necessità” di ottemperare al completamento del ciclo vaccinale con astrazeneca per coloro che avevano effettuato la prima dose con il vaccino Vaxzevria. Bene ricordare come nella circolare che inizialmente ‘imponeva’ l’eterologa per gli under 60, c’era allegato il parere del Cts.
E anche qui si sottolineava come i fenomeni tromboembolici dopo la seconda dose fossero “meno di 1/10 dei già rari fenomeni osservati dopo la prima dose”.
Resta quindi la possibilità per tutti di non optare per il mix con un vaccino a mRNA ma completare la seconda dose con astrazeneca con minor timore.
Astrazeneca testa il vaccino in spray – Intanto è iniziato il primo test clinico sugli animali del vaccino sotto forma di spray nasale. Astrazeneca lo ha sperimentato con successo su criceti e macachi: il vaccino si è dimostrato efficace nel prevenire l’infezione e nel ridurre le particelle virali che possono essere emesse dalla mucosa del naso.
Il risultato è pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine dai ricercatori dell’Università di Oxford in collaborazione con i National Institutes of Health (Nih) americani e ha già portato all’avvio dei primi test clinici di fase 1 su 54 volontari sani.
La somministrazione del vaccino per via intranasale potrebbe infatti portare numerosi vantaggi: non solo eviterebbe l’impiego dell’ago, ma potrebbe permettere anche un migliore controllo della diffusione del virus.
Studi preclinici condotti sui macachi, infatti, hanno dimostrato che i vaccini anti-Covid iniettati per via intramuscolare, nonostante siano efficace nel prevenire la malattia, inducono una debole risposta immunitaria a livello delle mucose e non riescono a eliminare completamente la presenza dell’Rna virale dai tamponi nasali: ciò significa che il virus SarsCoV2 potrebbe comunque replicarsi nelle vie aeree superiori dei vaccinati aumentando il rischio di trasmissione.
Per superare questo problema, i ricercatori hanno riformulato il vaccino di AstraZeneca per poterlo somministrare direttamente a livello della mucosa nasale: i test effettuati su criceti e primati dimostrano che il vaccino induce la produzione di anticorpi e protegge dall’infezione.
Inoltre, nei criceti, riduce l’emissione di particelle virali e l’Rna presente nei tamponi nasali meglio di quanto non faccia il vaccino dato per via intramuscolare.
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