L'ira di Burioni: "Il ritardo dell'Italia nella produzione dei vaccini è intollerabile"
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L'ira di Burioni: "Il ritardo dell'Italia nella produzione dei vaccini è intollerabile"

Sulla stessa linea il presidente Irccs Garattini, che accusa anche l'Europa. Il direttore vicario dell'Oms Guerra: "Vaccinare in massa dove dilagano le varianti"

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23 Febbraio 2021 - 10.45


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La produzione di vaccini in Italia procede a rilento per la mancanza di mezzi e strumenti, ma gli incontri delle prossimi ore tra Giorgetti e Farmindustria potrebbe sbloccare la situazione.

Il virologo Roberto Burioni ha accolto la notizia accusando il paese di gravi ritardi: “Produrre vaccini anti-Covid in Italia? Forse era il caso di farsi venire questa geniale idea a novembre, quando abbiamo saputo di avere due vaccini dall’efficacia mostruosa, e non a fine febbraio. Invece 4 mesi regalati al virus, centinaia di morti al giorno. Chi ha colpa per questo ritardo intollerabile?”.

A fargli eco è Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri Irccs: “Come Europa bisogna dire che nella pianificazione delle vaccinazioni anti-Covid siamo stati incapaci, perché siamo arrivati con grande ritardo”.

“In maggio sono stati lanciati molti appelli al governo perché facesse il più presto possibile le prenotazioni, ma sono stati lenti. Non c’è bisogno di avere l’approvazione di un vaccino per ordinarlo. Molti Paesi l’hanno ordinato: l’Inghilterra non ha più dosi perché non ha seguito le regole dell’Ema, ma perché ha pagato in anticipo per averle. Dobbiamo ammettere che siamo in ritardo”, ha proseguito Garattini.

“Anche Francia e Germania hanno già vaccinato più di noi ed hanno molte più riserve” perché si sono organizzate per autoprodurle.

“La Francia – spiega Garattini – ha fatto un accordo per utilizzare gli stabilimenti della Sanofi per produrre dosi di Pfizer. La Germania ha costruito 2 stabilimenti dove realizzare il vaccino. Noi avremmo potuto farlo”.

Il presidente dell’Istituto Mario Negri ha aggiunto: “Che si faccia in Europa o che si faccia in Italia, è molto importante che ci sia una produzione di vaccini. Dobbiamo prepararci. Guardiamo al peggiore scenario possibile e prepariamoci a quello. Se poi le cose andranno meglio, bene. Però non pensiamo che le cose siano facili e che si possano risolvere rapidamente”.

“Questo è un punto molto importante – avverte Garattini – Ho visto che il presidente del Consiglio Mario Draghi nelle sue dichiarazioni è su questa linea, quindi speriamo”. “Il problema Covid andrà avanti anni, probabilmente”, ammonisce il farmacologo: “Ci sono le varianti, ci sono i cambiamenti che il virus” Sars-CoV-2 “effettua, e quindi noi l’anno venturo potremmo avere bisogno di un altro tipo di vaccino rispetto a quello che abbiamo attualmente. Dobbiamo prepararci”, insiste lo scienziato.

Ranieri Guerra, direttore vicario dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), spiega invece che “abbiamo poche settimane per fermare la terza ondata” di Covid-19 in Italia, che potrebbe arrivare “già a marzo”.

Per questo “sostengo la necessità di un cambio di marcia nella somministrazione dei vaccini, necessario per la maggiore aggressività delle varianti del virus in alcune zone”.

L’idea proposta da Guerra è quella di una “vaccinazione generale nelle aree dove si sono accesi focolai di contagio intensi” legati alle varianti di Sars-CoV-2, “come l’Abruzzo, la provincia di Perugia, il Trentino Alto Adige. Una somministrazione di massa, senza limitazioni di età o di attività lavorative”.

“Le varianti sono ancora sensibili al vaccino, che al momento resta efficace”, sottolinea il direttore vicario dell’Oms. Ma “il pericolo è che, se le varianti dovessero ancora di più diffondersi, il virus potrebbe reagire al vaccino rendendolo vano”. 

Vaccinare tutti in zona rossa, anche solo con una prima dose? “Credo di sì – risponde Guerra – Naturalmente questo correttivo dovrebbe essere previsto in un protocollo la cui decisione spetta al commissario con le Regioni. Penso che non si dovrebbe perdere tempo, perché le varianti ci fanno rischiare già a marzo una terza ondata di contagi”.

 

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