Uno studio inglese ha scoperto 198 variazioni del Coronavirus: "Sta diventando più buono e smetterà di ucciderci"
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Uno studio inglese ha scoperto 198 variazioni del Coronavirus: "Sta diventando più buono e smetterà di ucciderci"

Alcune delle conclusioni di uno studio pubblicato sulla rivista Infection, Genetics and Evolution da un gruppo di ricercatori guidato da Francois Belloux, dell’Istituto di Genetica dell'University College di Londra.

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9 Giugno 2020 - 08.48


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L’evoluzione di Sars-CoV-2 nelle diverse parti del mondo è caratterizzata da alti livelli di omoplasia, si starebbe cioè adattando all’uomo. Lo spiega sull’Agi.it, Emanuele Perugini: sono queste alcune delle conclusioni di uno studio che è stato pubblicato sulla rivista Infection, Genetics and Evolution da un gruppo di ricercatori guidato da Francois Belloux, dell’Istituto di Genetica dell’University College di Londra.

I ricercatori  hanno analizzato 7666 sequenze di Sars-CoV-2 provenienti da numerosi paesi di varie aree geografiche e hanno osservato almeno 198 mutazioni emerse in modo indipendente (omoplasie).

Quasi l’80% delle mutazioni ricorrenti ha prodotto cambiamenti a livello di proteine, suggerendo un possibile adattamento in corso di SARS-CoV-2. A far propendere verso un adattamento del virus il fatto che le mutazioni si siano concentrate in almeno 4 siti specifici di cui uno è la proteina Spike, quella che il virus usa per agganciarsi alle cellule umane. “Il fatto che in questi siti ci siano più di 15 mutazioni, può indicare un’evoluzione convergente e sono di particolare interesse nel contesto dell’adattamento della SARS-CoV-2 all’ospite umano”si legge nell’articolo. 

“L’evoluzione del virus – spiega Guido Silvestri, docente alla Emory University di Atlanta – sarebbe caratterizzata da omoplasia, ovvero il fenomeno per cui un virus muta in modo ‘indipendentemente simile’ nelle diverse aree geografiche senza un progenitore comune”, scrive Silvestri su Facebook, spiegando che la presenza di omoplasia tanto marcata porterebbe evidenza scientifica, “indiretta ma solidissima”, a favore dell’ipotesi di un rapido, progressivo e convergente adattamento del virus all’ospite umano

. “Siccome i dati globali sulla letalità cruda di COVID-19 indicano che questa diminuisce col tempo in ogni sito epidemico, e siccome la maggior parte degli adattamenti virus-host vanno nella direzione di una ridotta patogenicità, è plausibile avallare l’ipotesi che tale pattern di mutazioni porterà a un fenotipo virale a virulenza attenuata”, prosegue l’esperto.

“Questo lavoro è interessante e il fenomeno a cui si fa riferimento è ben noto, si tratta di ‘convergenza evolutiva’ ed è un comportamento comune tra i virus”, commenta Giuseppe Novelli, genetista presso l’Università di Roma Tor Vergata.

“L’omoplasia riguarda sostanzialmente il fatto che nell’evoluzione alcune strutture biologicamente diverse, come le ali dei mammiferi, ad esempio i pipistrelli, e le ali degli uccelli, raggiungono lo stesso scopo, anche se provengono geneticamente da condizioni differenti. L’omoplasia è quindi una sorta di convergenza evolutiva di una diversa origine biologica”, continua Novelli.

“Il virus cerca di raggiungere l’omoplasia mutando, e soprattutto ricombinandosi per conservare determinate mutazioni che consentono la convivenza con l’ospite il più a lungo possibile. Questo è ciò che sta accadendo, ma non è nulla di anomalo, è un comportamento normale per i virus”, conclude il genetista. 

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